Stress lavoro correlato. Valutazione del rischio

Innovazioni ed obblighi introdotti dalla nuova normativa

Lo stress legato all’attività lavorativa rappresenta una delle sfide principali con cui l’Europa deve confrontarsi nel campo della salute e della sicurezza. Questa condizione interessa quasi un lavoratore su quattro e dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse è dovuta allo stress. Ciò comporta costi enormi in termini di disagio umano e pregiudizio del risultato economico.

Lo stress lavoro-correlato è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa riferito più frequentemente; si stima che più del 20% dei lavoratori dei 25 Stati membri dell’Unione Europea ha creduto che la sua salute fosse a rischio a causa dello stress sul lavoro.
Le previsioni per il futuro non sono migliori, in quanto il numero di persone che soffrono di stress legato all’attività lavorativa è destinato ad aumentare; inoltre, l’OMS ritiene che, entro il 2020, la depressione diventerà la causa principale di disagio sul lavoro.

L’accordo interconfederale del 9 giugno 2008, con il quale le parti sociali hanno recepito in Italia l’accordo europeo sullo stress lavoro-correlato (citato dall’articolo 28, comma 1, del “testo unico”) definisce lo stress lavoro-correlato come “una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative (…)” specificando che: “non è una malattia, ma una situazione prolungata di tensione che può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute” (articolo 3).Come già segnalato, l’articolo 28, comma 1, del D.L.vo n. 81 del 2008, e s.m.i., statuisce espressamente che “la valutazione dei rischi (…) deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004 (…) “.

Tale disposizione, ha fatto sorgere, però, numerose problematiche interpretative ed applicative, determinate principalmente dal fatto che sia l’accordo europeo (tra associazioni sindacali e confindustria) dell’8 ottobre 2004, sia l’accordo interconfederale italiano del 9 giugno 2008, forniscono criteri e parametri troppo generici per poter essere utilizzati con quella certezza che meriterebbe un obbligo sanzionato penalmente (art. 55 del “testo unico”).

Queste sono le ragioni che hanno indotto il legislatore a procrastinare l’entrata in vigore dell’obbligo in oggetto, dapprima, al 16 maggio 2009 e, quindi, al 1° agosto 2010 e, in ultimo, a prevedere un ulteriore “slittamento”’ al 31 dicembre 2010.

Tuttavia, a partire da tale data, le disposizioni relative alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato diverranno operative ovunque imponendo a ogni datore di lavoro di individuare le cosiddette “aree critiche”, secondo i parametri stabiliti dall’accordo interconfederale, e di mettere a punto una valida ed oggettiva metodologia di valutazione del rischio stress e eventualmente utilizzare specifici strumenti di indagine.

Per risolvere tali problematiche interpretative ed applicative, il decreto legislativo n. 106 del 2009, recependo quanto previsto nell’Avviso Comune discusso tra le parti sociali in materia nell’anno 2009, ha affidato espressamente alla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro di cui all’articolo 6 del D.L.vo n. 81 del 2008, il compito di “elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato”.

La Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (sopracitata) ha prodotto recentemente le prime indicazioni, perseguendo le seguenti linee di indirizzo:

  • – brevità e semplicità del documento, in quanto destinato ad un utilizzo ampio e riferito a imprese non necessariamente munite di strutture di supporto in possesso di specifiche competenze sul tema;
  • – individuazione di una metodologia applicabile a ogni organizzazione di lavoro, indipendentemente dalla sua dimensione, e che permetta una prima ricognizione degli indicatori e dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato;
  • – applicazione di tale metodologia, in ottemperanza al dettato letterale di cui al citato articolo 28. comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, e s.m.i., a “gruppi di lavoratori” esposti, in maniera omogenea, allo stress lavoro-correlato;
  • – individuazione di una metodologia di maggiore complessità rispetto alla prima ma eventuale, destinata ad essere necessariamente utilizzata ove la precedente fase di analisi e la conseguente azione correttiva non abbia, in sede di successiva verifica, dimostrato un abbattimento del rischio da stress lavoro-correlato;
  • – valorizzazione e utilizzo in materia, in un contesto di pieno rispetto delle previsioni di cui ai corrispondenti articoli del “testo unico”, delle prerogative e delle facoltà dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei medici competenti;
  • – individuazione di un periodo “transitorio”, per quanto di durata limitata, per la completa realizzazione della attività da parte dei soggetti obbligati.

Come si può immaginare, le procedure di valutazione del rischio stress lavoro correlato non sono universalmente applicabili in modo stereotipato, ma devono rispondere a delle precise metodologie (affinate alla tipologia di lavoro svolto) che consentano l’emersione delle criticità la cui risoluzione rappresenta certamente un buon investimento aziendale sia sul versante della produttività, sia in termini di assenze dal lavoro, sia in termini di riduzione dei contenziosi legali.

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