Importanza del consenso informato nella pratica odontoiatrica
Dei Colleghi che leggeranno queste righe, quelli più avanti negli anni, ricorderanno tempi in cui non si parlava di “consenso informato” (C.I.). Alla fine degli anni ottanta, si cominciava, quelli più attenti, a far firmare al paziente il preventivo di cura, poi abbiamo cominciato a sentir parlare, in odontoiatria, di contenzioso, ma erano episodi sporadici, rari. Col passar del tempo però, questi fatti diventavano sempre più frequenti, fino ad assurgere a realtà quasi quotidiana.
Ecco entrare in scena il C.I. la cui funzione più importante è la tutela della buona medicina. Il legislatore ha cominciato a pensare il C.I. già nel 1967, e nel tempo lo strumento è andato man mano evolvendo, fino a diventare attualmente, uno dei fattori di cambiamento radicale della nostra professione.
Ma la stessa odontoiatria, nel complesso, è cambiata. Qualche anno addietro le cure erano più semplici, i risultati si presentavano con maggior predicibilità. Oggi si sono affacciate nuove tecniche e tecnologie, molto sofisticate e costose, con minor predicibilità, anche per il fatto di dipendere il risultato, da un numero maggiore di fattori, non sempre controllabili dall’operatore. L’insuccesso diventa un’evenienza, purtroppo, più probabile.
In quest’ottica, il C.I. assume il ruolo, non di inutile perdita di tempo, ma di efficace strumento di tutela dell’odontoiatra che esegue correttamente le cure.
Attenzione, non “refugio peccatorum“, chi non sa fare il margine di un’otturazione o un’occlusione, non sarà dal C.I. man-levato, ma saremo sicuramente al riparo, da richieste di risarcimento, per complicanze possibili, e di cui il paziente aveva accettato il rischio. Atteso che, solo il 10% sul totale dei contenziosi, risultano essere dovuti a colpe degli operatori, e la stragrande maggioranza invece temeraria, e dovuta a motivi di lucro, la compilazione del C.I. è importantissima, ed a volte da sola, è funzionale a risolvere, prima che s’istauri, il contenzioso.
Conviene qui ricordare che, il C. I. deve riportare le generalità del paziente, una breve descrizione del, o dei tipi d’intervento che il paziente deve affrontare, la descrizione dei materiali da utilizzare, gli obbiettivi che si vogliono raggiungere, le probabilità di successo, i limiti, e le possibili complicanze.
Conviene, per quanto possibile, adattare il C.I. alla patologia, ed alle aspettative del paziente, trasformandolo in C.I. personalizzato. Così facendo, riusciremo ad impedire l’istaurarsi, di un’importante percentuale di contenziosi; se ben scritto, il C.I.P. smonta buona parte delle richieste di risarcimento pretestuose.
In mancanza, bisogna dimostrare in Tribunale di aver agito correttamente, cosa sempre possibile, ma che comporta notevoli perdite di tempo, ed inevitabili spese legali.
Il C.I. in sé ha un costo, richiede infatti tempo, o dell’odontoiatra, o dell’assistente per essere perfettamente spiegato al paziente, e fatto compilare, ma proviamo a pensare quanto tempo, denaro, e soprattutto stress ci risparmieremo in altre “sedi”. Ne circolano molti già stampati, ma secondo il parere della maggior parte dei medici legali, è importante specificare che, nell’obbligazione contrattuale, stipulata col paziente, il dentista non assume obbligo di risultato, ma d’impiego di mezzi.
Chiaramente, impiegare mezzi d’avanguardia, e non usarli correttamente, non ci mette al riparo da nulla, saremo ugualmente responsabili del cattivo risultato.
Per quella che è la mia esperienza di Tribunale, ad oggi devo dire che è molto raro trovare colleghi in regola col C.I. ciò non di meno, quando le cure erano eseguite correttamente, e parlo della maggior parte dei casi, anche in assenza di C.I., la causa si è sempre risolta a favore dell’odontoiatra, ma dopo quanto tempo e lavoro?
Utile strumento, per dirimere i “contrasti” col paziente, sono le camere arbitrali, diffuse oggi un po’ dappertutto.
Ribadisco, anche la camera arbitrale, non ci salverà se abbiamo applicato un’odontoiatria scadente, ma sicuramente diminuirà in modo drastico, la durata della “contesa” e soprattutto il costo. Altro aspetto non trascurabile è che a giudicare sono specialisti odontoiatri, profondi conoscitori della materia, non medici generici, che devono avvalersi della consulenza di una terza persona.
La camera arbitrale è poi gradita dallo Stato, perché “scarica” di una consistente quantità di lavoro il Tribunale Ordinario.
Concludo riaffermando che, lo strumento principe nella prevenzione del contenzioso resta la buona impostazione del rapporto medico-paziente, bisogna quindi evitare di creare illusioni, di promettere risultati difficilmente raggiungibili e di avventurarsi in interventi fuori dalle nostre capacità. Attendere a queste indicazioni faciliterà, senza dubbio, la vita professionale di tutti noi.