Gli infermieri: protagonisti della sanità
Il federalismo, in tema di sanità, ha portato le regioni italiane a viaggiare a velocità diverse nell’erogazione di prestazioni sanitarie. Ciò determina diversi casi di migrazione sanitaria verso quelle regioni meglio attrezzate con un aumento importante dei costi per quelle regioni ancora “ferme”.
Bisogna prendere atto che, negli ultimi anni, c’è stata una crescita della domanda assistenziale, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, dovuto a molti fattori, tra cui: l’invecchiamento della popolazione, la sua crescita culturale (teleconsulti, e-pazienti, etc..), il cambiamento dei modelli organizzativi ed assistenziali, i cambiamenti normativi che hanno modificato la “mission” delle aziende sanitarie.
Questo ha fatto in modo che i pazienti/utenti, sollecitati anche dai luoghi comuni sull’inefficienza della pubblica amministrazione, hanno manifestato sempre più la pretesa/diritto a prestazioni di elevata assistenzialità.
In questo contesto, la figura dell’infermiere si è dovuta adeguare a standard sempre più alti di qualità e, se da una parte la legislazione ha recepito le esigenze dell’utenza e della categoria adottando profondi cambiamenti normativi, dall’altra la quotidianità della professione non ha portato una crescita altrettanto rapida.
Gli anni novanta verranno ricordati come gli anni più prolifici nell’evoluzione normativa della professione infermieristica: la formazione universitaria, l’abolizione del mansionario, l’istituzione del profilo professionale e del codice deontologico, l’istituzione della dirigenza e delle lauree specialistiche hanno legittimato, in modo sostanziale, lo sviluppo del processo di nursing.
Bisogna, tuttavia, riconoscere che l’infermiere italiano (soprattutto nelle regioni “ritardatarie”) non ha ancora acquisito una piena consapevolezza del proprio ruolo con conseguente poca autonomia decisionale ed operativa, come se la legislazione e la realtà operativa andassero a due velocità.
Ad esempio l’autonomia gestionale del paziente, sul territorio, è più evidente che nelle strutture sanitarie dove, l’infermiere, rimane ancora figura “secondaria” o di “ausilio”.
Infatti, a livello territoriale, la presenza di altre figure di riferimento (medici) non è continua come nelle strutture sanitarie e questo ha permesso agli infermieri territoriali di agire in piena autonomia nella gestione dei pazienti implementando nuovi modelli assistenziali come il “Case Management”.
Al contrario, nelle aziende sanitarie o ospedaliere l’autonomia dei processi assistenziali è ancora legata a metodiche vecchie che non hanno permesso un radicale cambiamento di pensiero.
Il perché di questo immobilismo dipende da alcuni fattori culturali importanti quali:
- – l’organizzazione del lavoro;
- – la subordinazione ancora forte;
- – la scarsa identificazione professionale;
- – l’inappropriatezza delle prestazioni dovute alla carenza/mancanza di figure di supporto;
- – la bassissima programmazione della formazione di tutte le figure sanitarie;
- – la scarsa conoscenza delle competenze altrui;
- – la gestione dei conflitti dovuti ad invasioni di campo ed ingerenze non richieste;
- – la difficoltà di reperire, anche nel web, scritti e pubblicazioni specifiche;
- – l’effettiva inesistenza di percorsi di carriera all’interno delle organizzazioni sanitarie;
- – lo scarso riconoscimento sociale anche in presenza di lauree specialistiche e percorsi post- laurea;
Tutto questo deve, comunque, far sì che la professione infermieristica non si smarrisca e punti ad un cammino parallelo fra la parte normativo/istituzionale e la parte organizzativa vera e propria partendo da alcuni punti cardine come la qualità delle prestazioni ed i LEA.
La soddisfazione dell’utente passa attraverso la condivisione degli obiettivi da parte di tutti gli attori del processo assistenziale senza alcuna esclusione o prevaricazione professionale, dalla qualità del personale coinvolto e dalla loro crescita professionale.
Gli infermieri hanno la necessità di esprimere le competenze specifiche acquisite con la formazione universitaria anche in un’ottica di contenimento dei costi.
C’è il rischio che lo sviluppo legislativo, se non ben gestito, possa condurre il processo di nursing verso un impoverimento con rilevanti ripercussioni sulla qualità ed uniformità delle prestazioni.
Gli infermieri, da sempre attenti alle problematiche di salute dei cittadini, vanno coinvolti, nei processi decisionali: ne trarrebbe beneficio l’intero apparato.
Gestire un processo assistenziale è molto complesso per la varietà delle problematiche e per questo agli infermieri è richiesta un’alta professionalità e, di conseguenza, un’alta responsabilità dei processi assistenziali nel rispetto dei propri e degli altrui spazi.
Si aprono nuovi orizzonti e bisogna essere preparati a cogliere le novità che arriveranno ed in questo le competenze, acquisite attraverso la formazione, sono il punto di partenza della programmazione e della crescita professionale.
Per il bene dei cittadini e della loro salute.