Una macchina (quasi) perfetta: Il nostro cervello

Una frase che si sente dire spesso ai più grandi neurologi dei nostri tempi è la seguente: conosciamo solo in minima parte il funzionamento del cervello umano. Dovremmo inchinarci di fronte all’umiltà di chi, seppur depositario delle massime conoscenze in materia, tuttavia ammette di sapèr di non sapere. Personalmente tale perla di saggezza l’ho sentita pronunciare alla Scienziata, nonché senatrice a vita Rita Levi Montalcini.  La tracotanza del genere umano è nota sin dai tempi di Eschilo e Sofocle (la chiamavano hubrys), i quali nelle loro tragedie ponevano l’attenzione sul fatto che persino gli eroi (ed ercole ne sa qualcosa..) erano in fin dei conti anche loro degli esseri umani, e  per vivere una vita serena e tranquilla senza il rischio di incorrere in castighi divini non dovevano mai perdere di vista la consapevolezza dei propri  limiti.

Vi chiederete cosa c’entra quest’excursus classicheggiante con i neurologi di cui sopra; purtroppo al giorno d’oggi c’è chi perde di vista la certezza antropologica relativa alla “finitezza” delle capacità umane, e ritiene ipotizzabile poterle spingere fino all’inverosimile.

Uno scenario futuribile è delineato in “Limitless”, nuovo film con Brandley Cooper e Robert De Niro  tratto dal romanzo “The Dark Fields” di Alan GLynn, in cui il protagonista, inizialmente scrittore  sfigato e frustrato, dopo aver assunto una pastiglia chiamata NZT , vede spalancarsi le porte della proprio cervello ed entrare in possesso di facoltà mentali prima sconosciute, che lo portano a diventare un genio della finanza per poi addirittura aspirare alla presidenza degli stati uniti. Pellicola controversa che ha già sollevato un dibattito destinato a diventare un tormentone in ambienti scientifici e non. Leggendo un articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 28 Aprile, si evince che, sebbene il film costituisca una sottile parodia dell’uso che negli Stati Uniti studenti e professionisti fanno delle cosiddette “smart drugs” per migliorare le proprie performance cognitive, la notizia che lascia più increduli è l’opinione rilevata dalla rivista Nature interpellando fior fiore di scienziati in un sondaggio anonimo on line: la maggior parte di essi ( 80%) ritiene lecito l’uso di tali sostanze, mentre una parte minore ma comunque rilevante (20%) dichiara di farne personalmente un uso “off label” ossia fuori prescrizione, al fine di migliorare memoria, concentrazione, creatività. Chi non è esperto in materia (e.g. il sottoscritto) è bene che non abbia la presunzione di giungere anzitempo a conclusioni affrettate. Resta però la libertà personale ed intellettuale di porsi delle domande chiedendosi ad esempio a quali conseguenze potrebbe condurre un uso inappropriato di certe sostanze nella civiltà occidentale attuale. Sempre nel medesimo articolo del Corriere della Sera, Giovanni Umberto Corsini, Neurofarmacologo dell’Università di Pisa pone l’attenzione sui rischi di assuefazione e dipendenza che l’uso di tali sostanze può provocare; mentre  lo psichiatra torinese Vito Antonio Amodio si interroga su quali potrebbero essere gli effetti a lungo termine di queste sostanze sui circuiti neuronali.

La comunicazione tra neuroni si avvale dell’utilizzo di neurotrasmettitori, i quali, immagazzinati in micro – contenitori (vescicole sinaptiche) a livello di una terminazione nervosa, in seguito a stimolazione vengono rilasciati per trasmettere il “messaggio”  ai neuroni successivi nell’ambito di un circuito neuronale. Quando siamo stressati e ci sentiamo mentalmente o fisicamente  stanchi, altro non è che per momentanea riduzione di disponibilità di questi messaggeri che necessitano di adeguati tempi di riposo per ricaricarsi. Un’interessante articolo (in realtà una Review) pubblicato dalla già menzionata rivista Nature, sezione Neuroscience (Gennaio 2005 volume 6 Num.1) , effettua uno zoom all’interno delle terminazioni nervose, e, citando una vasta gamma di esperimenti su differenti popolazioni neuronali, parla di tre differenti compartimenti (pools) di vescicole sinaptiche: 1) Immediatamente disponibili per il rilascio, 1% circa del totale; 2) pool di riciclo, 10-15% del totale; 3) pool di riserva, 80-90% del totale. Nelle normali attività neuronali si utilizzano esclusivamente le vescicole del primo e del secondo pool, mentre quelle del pool di riserva vengono rilasciate solo in condizioni di abnorme stimolazione e richiedono tempi estremamente lunghi per essere ripristinate.

A questo punto viene spontaneo domandarsi perché la natura sia stata così previdente da far si che addirittura oltre l’80% dei nostri neurotrasmettitori fungano da riserva. Forse perché ha previsto che nella vita degli esseri viventi , specie umana inclusa, essendo la comunicazione inter – neuronale indispensabile alla sopravvivenza degli individui, valga la massima latina secondo cui sia “melius abundare quam deficiere”.

Tornando alla pastiglia miracolosa del film “Limitless”, è verosimile pensare che questi cosiddetti “neuroenhancer”, ossia , con una traduzione un po’ frettolosa “potenziatori neuronali” altro non facciano che andare ad intaccare le preziose riserve di neurotrasmettitore che non andrebbero utilizzate in condizioni umane normali, con tutti i rischi che ciò comporta. A questo punto forse possiamo azzardare qualche ipotesi in merito ai miracoli della farmacologia: in realtà nulla di miracoloso, semplicemente un utilizzo improprio , o forse.. tracotante, di quella macchina meravigliosa che è il nostro cervello. Resta tuttavia una presuntuosa ipotesi, per risposte più serie continuiamo ad affidarci al parere degli scienziati.

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