Sei agli arresti domiciliari. Bianco: il rischio è gioco al massacro

Sei arresti domiciliari, due obblighi di dimora, tredici interdizioni dall’attività e una quarantina circa di perquisizioni in Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Lazio, Veneto e Umbria. Sono le prime cifre dell’operazione con cui i Nas avrebbero smascherato l’ultima truffa ai danni del Ssn: protagonisti alcuni medici, che avrebbero percepito compensi pari a circa due milioni di euro per prescrivere specialità a centinaia di pazienti in cura per patologie croniche. L’organizzazione, in cui sarebbero coinvolte anche sette case farmaceutiche, mirava soprattutto a “spingere” sui farmaci dermatologici e sarebbe anche riuscita a infiltrarsi nel programma Psocare dell’Aifa (psoriasi). Tra gli arrestati il dermatologo fiorentino Torello Lotti, presidente della Sidemast (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse), cui sarebbero andati tangenti e benefit in cambio della prescrizione di farmaci non sempre previsti nel programma dell’Agenzia del farmaco o inutili rispetto alle necessità dei pazienti in trattamento. I carabinieri dei Nas avrebbero rintracciato 1.700.000 euro su conti intestati a quattro società organizzatrici di eventi e convegni, ma le tangenti sarebbero state versate anche sotto forma di partecipazioni a corsi di formazione, borse di studio, progetti per medici specializzandi, assunzioni a progetto. A prescindere dalla piega che prenderà l’indagine e dalle responsabilità delle persone coinvolte, per medici e servizio sanitario sembra davvero un periodo nero. Nero come le pagine di cronaca dove scandali e malasanità fanno ormai presenza fissa, dal tragico caso di Messina fino a quest’ultima operazione dei Nas. Ed è proprio qui che scatta il “non ci sto” di Amedeo Bianco, presidente della Fnomceo: «Non c’è dubbio che i fatti di queste settimane facciano male» spiega «ed è ovvio che la nostra prima richiesta è che su tutti questi episodi sia fatta piena luce. Quello che invece non va è il tipo di copertura mediatica: il problema non è la notizia, ma la sua amplificazione a un livello tale da lasciare un segno profondo. Viene del tutto cancellato il concetto che si tratta di errori o di condotte certamente da condannare nel momento in cui si confermeranno come tali, che però non rappresentano neanche lontanamente la quotidianità del servizio sanitario e dei medici che ci lavorano. Rischia di diventare un gioco al massacro in cui nessuno ha niente da guadagnare».

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