Ricerca: sorprese dalla biologia

Chi di noi non ha ricordi d’ infanzia alle prese con i mattoncini lego a dar libero sfogo a fantasia e creatività? Spesso con un po’ di invidia osservo le imprese di chi, ormai ben lontano da infanzia e adolescenza, prova forse un’emozione analoga nel riuscire in un certo qual modo a “giocare” con quei mattoncini che, se opportunamente combinati, vanno a costituire una cellula, ossia l’unita funzionale fondamentale degli organismi viventi. Questo gioco per grandi si chiama Biologia Molecolare, e recentemente la Dott.ssa Felisa Wolfe-Simon, geomicrobiologa per la NASA, deve proprio avèr vissuto una sensazione del tutto assimilabile a quella dei bambini quando fanno ohhhhhhh… Le hanno sempre spiegato che gli organismi unicellulari , così come le cellule degli organismi vertebrati, tra gli oltre cento tipi di mattoncini disponibili in natura (i.e. gli elementi del sistema periodico) ne utilizzano soltanto sei ed uno di essi è il fosforo che, quando si incastra ( ..un microbiologo direbbe “si lega”) con l’ossigeno dà vita ad un mattoncino più grande (molecola) che le cellule adoperano per una vasta gamma di funzioni indispensabili alla propria sopravvivenza. L’ arsenico è un mattoncino per certi versi simile al fosforo, a titolo esclusivamente semplificativo lo definiremmo più grande ma di forma e “capacità di incastro” analoghe. Tutti abbiamo sentito parlare della sua tossicità e della sua incompatibilità con la vita, e fino a pochi giorni fa anche per gli organismi unicellulari si aveva la medesima certezza. Fino al momento in cui la sopra citata scienziata non si è ritrovata per le mani un batterio della famiglia delle Halomonadaceae che, nel caso in cui venisse a trovarsi in condizioni ambientali povere di fosforo ma ricche di Arsenico, era in grado di effettuare uno switch tra il mattoncino mancante ed il suo “fratello maggiore” ( L’arsenico è posizionato immediatamente al di sotto del fosforo nella tavola periodica ). L’intero gruppo di ricerca che ha contribuito alla scoperta pubblicata pochi giorni fa dalla rivista “Science” concorda nel mantenere un alto livello di prudenza attendendo nuove conferme, così come nessuno riesce a negare il fatto che le evidenze sperimentali in questione aprano la strada a scenari fin’ora neanche ipotizzabili quali un utilizzo di questi batteri definiti “arsenic-loving” in operazioni di decontaminazione da arsenico.

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