Le carni rosse aumentano i rischi di morte, quelle bianche invece potrebbero avere un’azione protettiva

Le carni rosse aumenterebbero il rischio di morte favorendo l’insorgenza di diverse patologie, dal cancro, alle malattie respiratorie, fino all’ictus. A testimoniarlo, un recente studio condotto in Maryland

Nuove importanti ricerche sembrano rinfocolare la polemica sorta negli ultimi anni e sollevata in primo luogo dall’OMS, nei confronti di insaccati, carni trattate e carni rosse, ritenuti responsabili dell’insorgenza di tumori. Che si tratti della semplice fettina, fino ad arrivare alle carni lavorate quali salsicce e wurstel, il consumo di carne rossa infatti, sembrerebbe legato un maggior rischio di morte. A testimoniarlo, una recente ricerca condotta presso il National Cancer Institute di Bethesda, nel Maryland. Oggetto dello studio, pubblicato sul British Medical Journal, sono stati ben 536.969 soggetti di età compresa tra i 50-71 anni, monitorati per 16 anni attraverso l’utilizzo di questionari sulle abitudini alimentari di ciascun partecipante che hanno permesso di dividere il campione in cinque gruppi in base al consumo di carne. Nel corso degli anni, si è proceduto alla registrazione di tutte le morti nonché delle cause dei decessi. Indipendentemente dal tipo di carne rossa mangiata, i risultati della ricerca hanno evidenziato che chi consumava carni rosse in abbondanza aveva un rischio di morte del 26% maggiore rispetto a quanti ne consumavano in quantità ridotte. In particolare, il consumo di carne rossa sarebbe associato all’insorgenza di ben 9 patologie legate ad un elevato rischio di morte, quali il cancro, problemi cardiaci, infezioni, malattie a reni e fegato, Alzheimer, diabete e problemi cardiaci. Ad incidere in modo tanto negativo sulla salute, secondo quanto individuato dagli esperti, sarebbero i nitriti e i nitrati presenti nelle carni rosse, soprattutto in quelle molto lavorate. Il consumo di carni bianche e di pesce invece, non solo non avrebbe alcun effetto negativo, ma determinerebbe un’importante azione protettiva, tanto da portare ad una diminuzione del rischio di morte del 25%.

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