La sedentarietà può dipendere da additivi e conservanti utilizzati per i cibi

Acidificanti, conservanti, coloranti, dolcificanti: questa serie di additivi alimentari presenti in gran parte dei prodotti che acquistiamo quotidianamente al supermercato è finita di recente sotto la lente d’ingrandimento di uno studio effettuato da un team di scienziati dell’UT Southwestern Medical Center di Dallas e pubblicato sulla rivista Circulation.

Nell’occhio del ciclone in particolar modo il fosfato inorganico, assimilabile dal corpo umano fino al 40%-50%. Discorso diverso per quello organico, che viene inglobato in percentuali che sfiorano l’80%. Secondo i ricercatori, gli alti livelli di fosfato inorganico nella dieta sarebbero il motivo per cui la popolazione americana oggi non è più fisicamente attiva come in passato.

Per dare credito agli studi il team si è servito di due gruppi di topi sani: entrambi nutriti con lo stesso tipo di dieta, ma solo ad uno è stata riservata una razione doppia o tripla di fosfato. Si è notato quindi come, dopo qualche mese, i topi alimentati con il doppio dei fosfati trascorresse meno tempo sul tapis roulant e assumesse meno ossigeno durante l’esercizio rispetto ai simili dell’altro gruppo.

Successivamente l’esperimento è stato ripetuto su 1603 persone sane e il risultato è stato pressochè simile. E’ risultato come i soggetti con più alti livelli di fosfato fossero più propensi ad uno stile di vita sedentario e rifiutassero qualsiasi tipo di attività fisica. Il governo americano, ha spiegato Wanpen Vongpatanasin, autore dello studio e professore di medicina presso l’UT Southwestern Medical Center di Dallas, «non chiede che i livelli di fosfato siano inseriti nelle etichette nutrizionali degli alimenti e ciò rende difficile per le persone monitorare l’assunzione giornaliera di questa sostanza».

Per nostra fortuna l’Italia non tocca livelli così elevati di utilizzo di fosfati inorganici, fatta eccezione per alcuni tipi di formaggi, insaccati o salumi. I ricercatori ad ogni modo hanno lanciato l’allarme e auspicano che ulteriori studi siano condotti in questo ambito.

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