La medicina difensiva costa più di 10 miliardi di euro

L’Ordine provinciale dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma ha presentato, presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica, la prima ricerca nazionale sul fenomeno della medicina difensiva.
L’obiettivo era quello di evidenziare e quantificare le dimensioni in Italia di quelle prescrizioni originate dal timore dei medici di essere oggetto di denunce da parte dei loro pazienti. A questo scopo è stata effettuata una raccolta di dati relativi al 2009 e al 2010 mediante un sondaggio su un campione probabilistico di 2.783 unità, stratificato per classe d’età e area geografica, rappresentativo di tutti i medici italiani (esclusi gli odontoiatri) fino a 70 anni, attivi in tutti i ruoli nel settore pubblico e in quello privato. Con tale metodo si è stimato il volume totale di medicina difensiva, il suo impatto economico generale e specifico, le eventuali differenziazioni per settore e per tipo di prescrizione.
Dai dati raccolti emerge che la categoria dei medici si sente attaccabile, sia dal punto di vista giudiziario che mediatico. Il 78,2% di loro si sente oggi più a rischio di denuncia rispetto al passato, il 68,9% pensa di avere il 30% di probabilità di essere denunciato e il 25% circa dichiara che tale probabilità è anche superiore. Soltanto il 6,7% dei medici giudica nulla la probabilità di subire una denuncia. Complessivamente ben il 65,4 % si ritiene sotto pressione nella pratica clinica di tutti i giorni. Si sentono attaccabili per il clima attuale nei confronti dei medici presso la pubblica opinione (65,8%), per eventuali iniziative della magistratura (57,9%), per le esperienze di contenzioso di altri colleghi (48,4%), per la necessità di prevenire e tutelarsi da sanzioni comminate da strutture e servizi di appartenenza (43,1%), per il timore di una compromissione della carriera (27,8%), per paura di finire in chiave negativa su giornali o Tv (17,8%), per paura di perdere i propri pazienti (10,6%), infine per eventuali critiche dei colleghi (9,6%).
Neanche l’attuale quadro legislativo favorisce la serenità nel lavoro dei medici: infatti, circa il 77,2% di essi ritiene che le norme che oggi disciplinano la responsabilità professionale si ripercuotano negativamente sulla qualità delle cure e, per circa l’83%, anche sul rapporto con il paziente. Un rapporto che lo studio dell’Ordine di Roma ha voluto mettere più a fuoco: il 31,6% dei medici giudica insufficiente il tempo a disposizione per le visite ma il restante 69,6% lo ritiene invece “sufficiente o più che sufficiente”. Per le conseguenti prescrizioni l’85,5% afferma di attenersi a eventuali linee guida, protocolli o standard. Prescrizioni che per un 30,1% dei medici sono “abbastanza o molto influenzate” dal loro costo. Come in tutte le attività umane, comprese quelle professionali, gli errori esistono e non fa eccezione la categoria medica che, comunque, non li nega: il 36% del campione esaminato ammette che gli errori potenzialmente dannosi (non gli errori in generale) compiuti dai medici sono “abbastanza o molto diffusi”. Qui per difendersi si ricorre anche e soprattutto a un’assicurazione RC personale: lo fa circa il 73,6% (con un costo annuo medio di 1.147 euro).
Il 53% del campione esaminato dichiara di prescrivere farmaci a titolo “difensivo” e, mediamente, tali prescrizioni sono il 13% circa di tutte quelle uscite dal ricettario. Il dato s’impenna al 73% nel capitolo delle visite specialistiche, ove tali prescrizioni ridondanti diventano, sempre mediamente, il 21% del totale effettuato dal singolo medico. Quasi sullo stesso valore il ricorso a esami di laboratorio come sorta di “autotutela”, prescritti dal 71% dei camici bianchi sotto pressione, con una media del 21% su quelli complessivi. La percentuale più alta la raggiungono gli esami strumentali: in questo caso è il 75,6 % dei medici che vi ricorre per abbondare in sicurezza e ciò incide con un 22,6% su tutti gli accertamenti di questo tipo. La cifra si ridimensiona sensibilmente quando si passa ai ricoveri: li usa come scudo “solo” il 49,9% degli interpellati e quelli che potrebbero essere evitati rappresenta l’11% del totale. Alla luce di questi nuovi dati nazionali l’indagine ha stimato anche la probabile incidenza economica della medicina difensiva sulla spesa sanitaria: sul S.S.N. è del 10,5% quella generata da tutti i medici, pubblici e privati (farmaci 1,9%, visite 1,7%, esami di laboratorio 0,7%, esami strumentali 0,8%, ricoveri 4,6%). Sulla spesa privata sale al 14%, prendendo in esame soltanto i medici privati (farmaci 4%, visite 2,1%, esami di laboratorio 0,6%, esami strumentali 0,4%, ricoveri 0,1 %). Sulla spesa totale si attesta all’11,8% comprendendo quella generata da tutti i medici pubblici e privati (farmaci 3,7%, visite 2,4%, esami di laboratorio 0,8%, esami strumentali 0,8%, ricoveri 3,2%). Lo studio è stato coordinato dal professor Aldo Piperno, Ordinario di Sociologia dei Fenomeni Economici e del Lavoro presso l’Università Federico II di Napoli.con il contributo del professor Nicola Corbo, Ordinario di Diritto Privato all’Università di Viterbo.

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