L’Alzheimer: come riconoscerne i sintomi e sostenere il paziente

Gentile dottoressa, purtroppo da qualche tempo mio padre, da poco sessantenne, ha manifestato qualche problema nel linguaggio e di memoria rispetto a piccole cose ma in modo sempre più frequente e marcato. Tutto questo ci preoccupa fortemente e vorremmo che si recasse da un medico per un controllo generale ma lui si rifiuta fermamente. Non solo ma questa situazione crea disagio a tutta la famiglia. Cosa ci consiglia?

Roberto B.

L’alzheimer è una patologia del sistema nervoso centrale a carattere degenerativo, molti sintomi inoltre sono comuni ad altre patologie come la depressione e la demenza multiinfartuale. L’esordio sintomatico di questa patologia è a carattere insidioso, i primi sintomi infatti sono lievi, difficili da distinguere dalle normali disattenzioni di una persona sana. Una delle principali spie che caratterizza l’alzheimer è l’amnesia anterograda: cioè l’incapacità di ricordare cose recenti, o più precisamente eventi occorsi dopo l’insorgenza della patologia. Altri sintomi ricorrenti sono l’Agnosia e l’Aprassia consistenti nell’incapacità di compiere azioni comuni, come cucinare, preparare un caffè, riconoscere oggetti comuni come bottiglie o posate. Possono manifestare difficoltà a dire il nome degli oggetti perché questi non sono più riconosciuti, oppure perché non ne ricordano il nome. In questo caso i pazienti utilizzano perifrasi, sinonimi, termini assonanti o neologismi per riferirsi all’oggetto di cui non ricordano il nome. Principali sintomi per la diagnosi dell’Alzheimer sono inoltre il disorientamento temporale e spaziale, quando  il paziente non sa rispondere alle domande “che giorno è oggi”, “in che mese siamo, in che anno” oppure “dove ci troviamo ora”. Questi soggetti iniziano poi ad avere difficoltà di scrittura ed hanno un significativo peggioramento delle capacità di ragionamento e di giudizio. I pazienti che si ammalano di Alzheimer tendono a mostrare repentinamente cambiamenti nel tono dell’umore, che vanno dalla depressione, all’euforia, al pianto. È inoltre comune nell’evoluzione della patologia l’insorgenza di depressione, ansia, insonnia, agitazione. I pazienti può assumere comportamenti bizzarri, o aggressivi, comunque significativamente differenti dal loro temperamento precedente all’insorgenza della patologia. Possono manifestare sintomi psicotici quali allucinazioni, paranoia e pensieri non realistici. Questi sintomi sono più rari dei sintomi comportamentali e appaiono prevalentemente nella fase più avanzata della malattia.
Cosa succede al cervello?
La patologia di Alzheimer è caratterizzata dalla formazione di numerose placche senili e matasse neurofibrillari a livello corticale ed inoltre vi è presente frequentemente una pronunciata atrofia corticale. L’identificazione di tali microstrutture costituisce l’unica strumento per diagnosticare con certezza la sindrome di Alzheimer.  Le placche senili si ritrovano anche nelle persone anziani normali, ma in maniera molto più ridotta rispetto alla patologia in questione. Le cause dell’Alzheimer non sono ancora note, ad oggi è abbastanza accreditata  l’ipotesi genetica ma non si può escludere che la demenza abbia origine virale. Sono state proposte altre diverse ipotesi ancora in fase di studio come l’ipotesi dell’alluminio, visto gli alti livelli di questo metallo ritrovati nel cervello di persone affette da Alzheimer. Ancora al vaglio della ricerca è sia l’ipotesi di una disfunzione del sistema immunitario, con la produzione di anticorpi che attaccherebbero i neuroni e l’ipotesi della barriera ematoencefalica, la quale mutando la sua permeabilità permetterebbe di entrare nel cervello alle sostanze tossiche danneggiando così i neuroni.
Diagnosi e cura
È importante poter contare, nella diagnosi, sulla testimonianza di un parente, in modo da poter verificare la veridicità delle informazioni riportate dal paziente. La correttezza e l’accuratezza che il paziente dimostra nel rispondere alle domande del dottore costituiscono un ottimo strumento qualitativo per valutare il suo livello cognitivo. Se il paziente riesce a riportare correttamente le patologie remote, i sintomi recenti, gli esami e le visite cui è stato sottoposto difficilmente si può sospettare un quadro demenziale. In questo caso, se il paziente riferisce un tono depresso dell’umore, è lecito ipotizzare una forma di pseudodemenza depressiva.
Decorso
La demenza di Alzheimer ha un decorso infausto. La malattia si può separare in tre fasi. Nella fase iniziale le manifestazioni precoci comprendono perdita di memoria. Il paziente può rendersi conto e chiedere anche l’aiuto di altri, ma spesso non succede così. A volte la malattia inizia con disturbi del linguaggio e con anomia piuttosto che con sintomi amnesici. Nella fase intermedia il danno della memoria si accentua e in più si aggiungono episodi confusionali transitori, errori di valutazione e trascuratezza. Appare la parafasia e l’anomia. La memoria anterograda è molto alterata mentre quella retrograda è meno colpita. Emerge anche aprassia costruttiva e aprassia d’abbigliamento. Per la prima volta possono apparire alterazioni dell’umore, che sono improvvise ed imprevedibili. Con il passare del tempo il paziente perde interesse a ciò che lo circonda. La fase finale è caratterizzata da grave confusione e disorientamento; possono avere luogo allucinazioni e delusioni. In questa fase il paziente può risultare incontinente e trascurare l’igiene personale. Gli stadi finali sono caratterizzati da vuoto mentale e perdita del controllo delle funzioni corporee. La gravità del quadro demenziale può aumentare la probabilità di insorgenza di altre patologie organiche e riduce di molto l’aspettativa di vita. Queste condizioni intervengono dopo 5-10 anni dall’insorgenza della malattia.
Quando è necessario farsi aiutare dallo psicologo: lo stress da assistenza
Le famiglie diventano il più importante se non l’unico riferimento per la persona malata su un piano di assistenza fisica e psicologica. Prendersi cura di una persona con una disabilità che sia fisica o psichica può essere un lavoro molto gravoso che a lungo andare può generare molto stress in chi lo fa. Nella demenza senile come l’Alzheimer ad esempio, il cambiamento che la malattia porta nel carattere, nel comportamento e nelle funzioni cognitive della persona malata, unito alle difficoltà di comprensione e all’incapacità del malato di esprimere gratitudine, fa si che il peso dell’assistenza aumenti. Inoltre quando il lavoro di cura è molto impegnativo e continuativo, come avviene nelle malattie degenerative o negli handicap conclamati, il familiare finisce spesso per dedicarsi completamente al malato, dimenticando se stesso e perdendo di vista la percezione delle sue energie che inevitabilmente, ad un certo punto, possono venire meno, generando stress. Questo “esaurimento di energia” che chiamiamo stress, si può manifestare attraverso sintomi fisici come il senso di fatica e l’insonnia; attraverso quelli psicologici come il senso di colpa, le alterazioni dell’umore, la scarsa fiducia in sé e l’irritabilità e le reazioni comportamentali come l’isolamento fino alla chiusura difensiva al dialogo. Le persone avvertono lo stress quando non riescono più a dedicarsi all’ammalato in modo tranquillo, a rispondere in modo positivo alle tante richieste che la situazione porta con sè, quando sono assorbite dalla cura del malato a tal punto da non riuscire a ritagliarsi un piccolo spazio per se stesse. Alla luce di tutto il familiare deve porre attenzione ai tanti impegni che occupano la sua giornata e alla loro qualità. In tal senso può essere utile acquisire piccole tecniche di gestione del tempo come la compilazione dell’agenda che permette, se compilata giornalmente di tutto ciò che si fa, di comprendere l’effettiva portata del carico assistenziale. Se gli impegni che ruotano intorno al familiare malato sono molti e faticosi, può essere utile, la dove è possibile, delegare ad altri e/o aprirsi ai servizi che il territorio offre. Inoltre al fine di non esaurire completamene le energie è importante imparare a fermarsi, fare una pausa per ricaricarsi: a volte può voler dire prendersi una vacanza, altre volte uscire con un amico o guardare la tv. E’ importante imparare a ritagliare un po’ di tempo per sé, anche perché il benessere della persona malata dipende molto spesso dal benessere della persona che si prende cura di essa.

Dott.ssa Elisa Mazzola, Psicologa

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