Gran Bretagna: dispositivo per il “raffreddamento cerebrale” sarà presente nelle ambulanze

Un chirurgo dell’esercito napoleonico descrisse il fenomeno per cui i feriti lasciati a giacere nella neve avevano una media di sopravvivenza superiore a quelli che venivano trasferiti all’accampamento ed adagiati vicino al fuoco.

Nel 2002, un articolo pubblicato sul “New England Journal of Medicine” dimostrava chiaramente i benefici di un raffreddamento corporeo eseguito su pazient appena colpiti da arresto cardiaco: non solo un più elevato livello di sopravvivenza, ma anche una minore probabilità di incorrere in danni cerebrali.

Molti ospedali in Gran Bretagna sono dotati di appositi dispositivi che consentono tale tipo di intervento; tuttavia è a ridosso dell’insorgenza dell’arresto che una riduzione della temperatura del cervello potrebbe decisamente fare la differenza in termini di riduzione dei rischi per i pazienti.

Il cervello è l’organo che più di ogni altro risente in brevissimo tempo del mancato apporto di sangue andando incontro a danni irreversibili; un abbassamento della temperatura ne riduce l’attività e di conseguenza il consumo di glucosio ed ossigeno.

Un dispositivo di piccole dimensioni è stato recentemente brevettato da un’azienda Californiana, funziona a batterie e non richiede eccessivo training per poter essere utilizzato. Il principio di funzionamento è basato sull’utilizzo di un fluorocarburo liquido, vaporizzato in una bombola di ossigeno,  fatto passare attraverso una cannula nasale al termine della quale diffonderà alla temperatura di quattro gradi nella cavità nasale. Essendo quest’ultima  nelle immediate vicinanze del  cervello, anche le temperature cerebrale si adatterà rapidamente alle nuove condizioni.

Partirà in questi giorni a Londra un progetto pilota in cui si prevede di iniziare a dotare un certo numero di ambulanze di questo semplice strumento definito “brain cooler” che verrà utilizzato contestualmente alla defibrillazione ed alla rianimazione cardio-polmonare.

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