Direttiva di Sacconi su Eluana: “Illegale toglierle acqua e cibo”

La guerra di Eluana non è finita, non ci sono per lei né pace e né silenzio. Proprio alla vigilia del suo trasferimento a Udine, e alla vigilia forse dell´esecuzione della sentenza che ha autorizzato lo stop all´alimentazione, il ministro della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, ha firmato e diramato un provvedimento che in sostanza diffida le Regioni dall´applicare quella sentenza. Sconsolate e durissime le reazioni di chi da anni si batte perché la volontà di Eluana possa essere rispettata, mentre naturalmente l´atto di Sacconi è stato pubblicamente lodato dal Vaticano. Ne danno notizia tutti i principali quotidiani nazionali. «Si tratta di un atto di indirizzo – spiega il quotidiano la Repubblica – al fine di “garantire a qualunque persona diversamente abile il diritto alla nutrizione e idratazione in tutte le strutture del Servizio sanitario nazionale”. Su questa base il ministro ha quindi sottolineato che “nessuna struttura del Servizio Sanitario Nazionale è abilitata a procedere alla sospensione dei trattamenti di alimentazione e idratazione artificiali nel caso di pazienti in stato vegetativo, perché questo sarebbe contro la legge”. Così in tarda serata anche la clinica di Udine fa marcia indietro, e fa sapere che no, Eluana non potrà essere ricoverata lì, né morire in una di quelle stanze». «L´atto d´indirizzo del ministro Sacconi è scorretto – non ha dubbi Alessandro Pace, presidente dell´Associazione italiana dei costituzionalisti – spetta al Parlamento fare le leggi e ai giudici applicarle. Nessuno commetterebbe oggi un reato staccando il sondino a Eluana Englaro. Contro l´atto ministeriale, la Corte d´appello di Milano potrebbe perfino ricorrere alla Consulta. Non entro nella polemica sul diritto a una scelta di vita o di morte da parte di una persona o del suo tutore, ma una cosa è certa: in linea di principio è scorretto l´intervento di un ministro che dà un´interpretazione vincolante per tutti, incidendo sulla libertà di coscienza di chi la pensa diversamente».

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