Corte Europea: l’embrione è “un soggetto di diritto” in qualsiasi suo stadio di sviluppo

Nel 1997 il ricercatore tedesco Oliver Brustle, docente di Neurobiologia ricostruttiva all’Università di Bonn, utilizzò un embrione umano nello stadio di blastocisti, ossia circa cinque giorni dopo la fecondazione per ricavarne cellule staminali da trasformare in cellule nervose per la cura del morbo di Parkinson.

Il procedimento che si avvaleva della manipolazione di embrioni utilizzati come materia prima fu successivamente  brevettato, suscitando l’indignazione della sezione tedesca di Greenpeace che fece ricorso ed ottenne l’annullamento del brevetto.

Il Dott. Brustle, negando lo status di embrione umano agli ovuli fecondati da meno di cinque giorni, fece successivamente controricorso alla Corte federale di Cassazione che  nel 2009 ritenne opportuno interpellare sul caso la Corte di Giustizia Europea.

L’organismo comunitario nei giorni scorsi ha emesso il verdetto riconoscendo  la qualifica di “embrione umano” non solo dall’istante della fecondazione ma anche “all’ovulo non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura” o al medesimo quando è stato “indotto a dividersi e svilupparsi attraverso la partenogenesi”.

L’utilizzo a scopo di ricerca viene salvaguardato, ciò che non sarà consentito è lo sfruttamento di questo genere di ricerche per fini commerciali.

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