Alla ricerca della felicità

Diceva Eugenio Montale..felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama. Agli occhi sei barlume che vacilla, al piede teso ghiaccio che s’incrina; e dunque non ti tocchi chi più t’ama.

Una descrizione da manuale della felicità ci porta a dire che è una condizione di benessere di rilevante intensità caratterizzata dall’assenza di insoddisfazione e dal piacere connesso alla realizzazione di un desiderio. Felicità e desiderio sono una coppia indissolvibile, ma per tale motivo transitoria. Il tema della felicità appassiona da sempre l’umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Per tentare di definire questa condizione alcuni studiosi hanno posto l’accento sulla componente emozionale , come il sentirsi di buon umore, altri sottolineano l’aspetto cognitivo e riflessivo , come il considerarsi soddisfatti della propria vita. La felicità a volte viene descritta come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento a volte come gioia, piacere, divertimento. Secondo Argyle (1987), il maggiore studioso di questa emozione, la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere scomposto in termini di appagamento in aree specifiche quali ad esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l’autorealizzazione e la salute. La felicità è anche legata al numero e all’intensità delle emozioni positive che la persona sperimenta e, in ultimo, come evento o processo emotivo improvviso e piuttosto intenso è meglio designata come gioia . In questo caso è definibile come l’emozione che segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio e in essa, accanto all’esperienza del piacere, compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione (D’Urso e Trentin , 1992).

Ma chi sono le persone felici?

Gli studi che hanno cercato di rispondere a questa domanda evidenziano come la felicità non dipenda tanto da variabili anagrafiche come l’età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza, salute o cultura. Al contrario sembra che le caratteristiche maggiormente associate alla felicità siano quelle relative alla personalità quali ad esempio estroversione, fiducia in se stessi, sensazione di controllo sulla propria persona e il proprio futuro. Esistono delle caratteristiche dell’individuo che lo rendono maggiormente permeabile a sentimenti di felicità e gioia piuttosto che a sentimenti negativi? E’ molto difficile, probabilmente impossibile, rispondere in modo sufficientemente accurato a tali quesiti. Tuttavia le ricerche sulla felicità mettono in luce come essere più o meno felici non dipende in modo diretto da variabili anagrafiche come l’età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza, salute o cultura. Al contrario sembra che le caratteristiche maggiormente associate alla felicità siano quelle relative alla personalità e in particolare quelle relative all’estroversione, alla fiducia in se stessi, alla sensazione di controllo su se stessi e il proprio futuro (D’Urso e Trentin , 1992).

Secondo Argyle e Lu (1990) la persona estroversa è più felice perché ha più rapporti sociali, fa amicizie più facilmente, partecipa ad un maggior numero di attività pubbliche e collettive dove trova maggiori motivi di interesse e divertimento. Inoltre una persona felice è anche una persona che sta bene con se stessa e che ha fiducia nelle sue capacità e percepisce una fondamentale congruenza tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere. In sostanza, più le persone riescono ad accettarsi per quello che sono, con tutti i loro pregi e i loro limiti, più sono felici. Analogamente, quanto più una persona ritiene di poter ragionevolmente controllare gli eventi che gli accadono nella sua vita affettiva, sociale, lavorativa, più è felice, e in particolar modo, è più felice di chi si considera in balia del caso o degli altri.

Come può lo psicologo aiutare le persone ad essere felici?

Lo psicologo può aiutarci a non attribuire sempre a noi stessi la responsabilità degli eventi spiacevoli che ci capitano. A motivarci verso relazioni con persone felici evitando di confrontare sempre la nostra condizione (salute, bellezza, ricchezza ecc.) con quella degli altri. Non solo ma dal  punto di vista professionale lo psicologo può aiutarci ad individuare quello che ci piace nel nostro lavoro e valorizzarlo, a riconoscere i legami tra cattivo umore e cattivo stato di salute: spesso è il malessere fisico, più che altri fattori oggettivi, a determinare un cattivo umore. E per ultimo ma non meno importante o psicologo puo aiutarci a dimensionare le nostre aspettative alle capacità e alle opportunità medie della situazione, a non fare progetti a lunga scadenza , a non trarre conclusioni generali dagli insuccessi.

A cura della Dott.ssa Elisa Mazzola, Psicologa

1 comment

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