L’umorismo fa bene alla salute: quando ridere allunga la vita
Una risata ci seppellirà: mai bugia potrebbe essere più smentita. Al contrario, il comune “sense of humour” potrebbe allungarci la vita, a patto che sia ironia “buona”
La rivelazione in materia scientifica proviene da Zurigo. Il professore Willibald Ruch, psicologo e docente universitario, da anni studia i benefici effetti che l’umorismo avrebbe sul nostro organismo. Ospite a Bergamo nell’ambito delle Giornate Nazionali di Psicologia Positiva, Ruch ha indugiato sulla necessità, a dir poco vitale, di cogliere il lato buffo della vita. “Oggi sappiamo che il senso dell’umorismo ci aiuta a vivere bene – premette lo psicologo – Ma solo di recente la psicologia positiva ha cominciato ad interessarsi di questi temi, a studiare i tratti di personalità che ci aiutano a vivere meglio, e che la psicologia ha sempre ignorato per concentrarsi sul disagio. Per secoli sono stati i filosofi a occuparsi di umorismo”.
Ruch tiene, però, a fare un’importante distinzione tra la risata “buona” e il sarcasmo per certi versi “macabro”. “Comico è il termine generico con cui definiamo le varie forme di umorismo: il nonsense, il motto di spirito, il ridicolo, e altro ancora. D’altronde le parole cambiano significato: in origine umorismo era un termine medico, si riferiva agli umori del corpo. Più avanti è stato usato per definire uno stato d’animo”. Nulla a che vedere con cinismo e sarcasmo che, a detta del professore, “Non aumentano il benessere, mentre l’umorismo benevolo sì. Imparare a ridere di noi stessi o impegnarsi per far ridere, o almeno sorridere, gli altri, fa bene e ci fa stare bene”.
L’umorismo non è solo uno stato emotivo. Esso coinvolge anche il nostro cervello. “L’umorismo è una funzione complessa, che coinvolge varie aree cerebrali – spiega Ruch – Sappiamo che la capacità di fare una battuta è legata alle competenze cognitive, quella di apprezzare il nonsense all’apertura mentale. Mentre la satira è in relazione con il senso giustizia, il desiderio di migliorare qualcosa criticandola”.
L’umorismo è, soprattutto, terapeutico. “Abbiamo visto che persone con una lieve forma depressiva possono essere aiutate semplicemente chiedendo loro di scrivere, alla fine della giornata, tre cose buffe che sono successe“, spiega Ruch. “Farlo per una settimana è sufficiente a riportare alla memoria questi momenti piacevoli, e induce anche a vivere in modo più intenso altre emozioni positive. Ma l’umorismo rende anche le persone più creative sul lavoro, aiuta ad invecchiare bene, riduce la paura e lo stress prima di un intervento chirurgico. E abbiamo visto che anche pazienti affetti da gravi disturbi respiratori – come la broncopatia ostruttiva – rilassandosi di fronte agli scherzi di un clown, riuscivano a respirare meglio. Per molti di questi malati ridere era troppo difficoltoso. Hanno sorriso, ma l’effetto è stato ugualmente sorprendente“.