Sessualità: ‘la prima volta’ per gli adolescenti italiani, a 17 anni
Rispetto al recente passato, gli adolescenti italiani sembrano approcciarsi alla sessualità in modo nuovo e più responsabile. Una ricerca realizzata dal Censis sfata il mito della precocità nei rapporti: in media, la prima volta è a 17 anni
Positiva la fotografia scattata dal Censis attraverso la ricerca “Conoscenza e prevenzione del Papillomavirus e delle patologie sessualmente trasmesse tra i giovani in Italia”. Ad emergere, un modo più attento e responsabile nell’approcciarsi alla sessualità in giovane età anche se, l’informazione e l’educazione necessitano ancora di maggiore sviluppo e diffusione. Tra i dati più interessanti, la constatazione che la precocità nei rapporti tra gli adolescenti italiani sia solo un mito. Stando a quanto emerso, il primo rapporto completo si ha, in media, intorno ai 17 anni. Ad avere avuto esperienze prima dei 16 anni, solo il 19,8% dei giovani coinvolti nella ricerca. In più, diminuiscono le differenze tra ragazzi e ragazze, queste ultime solitamente più precoci in ambito sessuale. Per i maschi, prima volta a 17,5 anni, mentre per le femmine, a 17,3. Incoraggianti anche i dati relativi al grado di conoscenza sulle patologie, le infezioni e le malattie sessualmente trasmesse: il 93,8% dei giovani italiani tra i 12 e i 24 anni ha infatti dichiarato di averne sentito parlare. In particolare, la patologia sulla quale gli adolescenti sembrano essere maggiormente informati, è l’Aids (89,6%), seguita dalla sifilide (23,1%), la candida (18,2%), il Papilloma Virus(15,6%) e gonorrea, epatiti e herpes genitale (tra 15 e 13%). A giocare un ruolo determinante nell’informazione sessuale sono i media, veicolo di conoscenze sul tema per il 62,3% del campione. Ad essi segue l’azione informativa esercitata dalla scuola con il 53,8%, anche se si stimano notevoli differenze tra il Nord e il Sud del Paese: nel Settentrione infatti, l’informazione sessuale sembrerebbe essere più diffusa. Minima rimane la percentuale destinata al ruolo informativo di medici e farmacisti, al 9,8%. A determinare quest’ultimo dato, in primo luogo, la forte diffidenza provata dai giovani nei confronti delle figure specialiste del settore, in particolare tra i maschi. La figura dell’andrologo, ad esempio, è poco conosciuta e in tanti ritengono di non averne bisogno. Una concezione distorta questa, frutto di una cultura ancora abituata a considerare le patologie sessuali un problema riguardante solo la sfera femminile, sottovalutando la seria minaccia che possono rappresentare per la tutela della salute maschile.