Seno al silicone: sicuro ma non troppo, nuovo report dalla FDA

Almeno oggi le donne potranno essere più consapevoli di ciò a cui vanno incontro; lo dice la Food and Drug Administration in un nuovo report ufficiale pubblicato mercoledì scorso.

Le protesi largamente utilizzate ( tra i 5 ed i 10 milioni di casi stimati in tutto il mondo) a scopo prettamente estetico, ossia per aumentare le dimensioni del seno , oppure per la ricostruzione dopo mastectomia o la correzione di difetti congeniti, constano essenzialmente di uno strato esterno di silicone riempito  con un gel a base della stessa sostanza o di una soluzione salina.  Le due tipologie di impianto presentano entrambe vantaggi e svantaggi da un punto di vista meramente estetico, mentre sotto un aspetto più strettamente clinico quelle al silicone hanno destato maggiori preoccupazioni.

Nel caso di rottura della protesi a soluzione salina, il contenuto viene assorbito dall’organismo con rapida diminuzione delle dimensioni del seno. In questo caso la malcapitata se ne accorge immediatamente e torna dal chirurgo in men che non si dica.

Le protesi a base di silicone garantiscono aspetto estetico e consistenza maggiormente simili a quelle di un seno naturale; tuttavia in caso di rottura dell’involucro e conseguente fuoriuscita del contenuto il rischio è ben più subdolo in quanto il silicone seppur al di fuori del guscio rimane in loco  e la “paziente” potrebbe non accorgersene.

Nei primi anni ’80 furono riportati vari casi di complicanze in donne che, qualunque fosse il motivo, avevano subito un intervento di chirurgia estetica al seno  con impianto di protesi a base di silicone, quali ad esempio il tumore o infezioni del tessuto connettivo circostante.  Ciò indusse successivamente l’Authority statunitense a rivedere la classe di rischio delle suddette protesi che dalla seconda (rischio moderato) furono trasferite alla terza (alto rischio), per poi essere messe al bando nel 1992.

Per i 14 anni successivi, le donne con problemi (di qualsivoglia natura) al seno hanno optato per l’unico prodotto disponibile sul mercato ossia le protesi riempite con soluzione salina.

Nel 2006, dopo anni di studi e ricerche, la FDA ha autorizzato l’utilizzo di protesi al silicone di due diversi brand e nel report presentato la scorsa settimana ha evidenziato quali siano i relativi rischi . Non è stato rilevato alcun nesso di casualità tra i “silicon-filled implants” ed i casi di cancro al seno e disturbi del sistema riproduttivo, mentre le complicazioni più frequenti riportate in letteratura derivanti dalla rottura dell’involucro  sono  asimmetria tra i due seni, dolore ed infezioni nonché “very small risk” di linfoma anaplastico a cellule larghe.

L’aspetto sotto cui si intende maggiormente informare le donne è la consapevolezza che una protesi al seno non è qualcosa di definitivo: i rischi sopra citati aumentano col passare del tempo, ed un numero statisticamente significativo di pazienti ha dovuto rimuovere le protesi nel giro di 10 anni.

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