Scienza ed Eccellenza della fotografia odontoiatrica: l’EBDP
La potenza del progresso scientifico risiede anche nella sua dinamicità: conosciamo molte idee che non hanno retto la prova del tempo e della scienza, e ciò che sembra assolutamente vero oggi probabilmente lo sarà un po’ di meno domani. E’ una sfida entusiasmante non accontentarsi del mondo che ci è stato dato, ma impegnarsi ogni giorno per migliorarlo, esplorando territori sconosciuti e nuove opportunità, utili a migliorare la qualità del nostro quotidiano operare. La fotografia odontoiatrica è profondamente cambiata, e i più non se ne sono ancora accorti, a causa dei lunghi tempi necessari affinché i risultati della ricerca giungano alla maggior parte degli odontoiatri. In particolare, l’avvento della tecnologia digitale ha ribaltato completamente l’approccio alla fotografia, generando una disciplina autonoma, spesso non compresa, all’interno del variegato mondo della fotografia. É necessario quindi utilizzare sempre più la rete e gli strumenti che essa ci propone per diffondere le conoscenze più attuali in tempi rapidi, perché in questo divenire tumultuoso del sapere — un sociologo ha definito la nostra società “liquida” — le competenze invecchiano rapidamente.
Il problema dell’approccio alla fotografia scientifica.
Nel 2010 è stato proposto, tramite una mia pubblicazione, un nuovo modo di concepire l’immagine clinica, non più semplice ausilio comunicativo, ma documento scientifico dotato di una propria dignità, utile a migliorare i processi diagnostici e a favorire la crescita professionale. La fotografia permette di cristallizzare tempo e spazio, registrando realtà cliniche nel loro divenire, e permettendo così di valutare gli effetti e dunque la validità delle diverse tecniche utilizzate. Ciò è di grande aiuto al clinico, perché permette di formulare un giudizio critico sul proprio operato, nonché di relazionarsi con altri professionisti per un proficuo scambio di opinioni e informazioni. La comunicazione, in generale, è possibile solo sulla base di documenti universali, che siano cioè comprensibili a tutti, in ogni tempo e in ogni luogo, e che soprattutto possano essere creati da tutti gli utenti in modo uniforme e standardizzato. La ripetibilità e la standardizzazione sono criteri fondamentali affinché una procedura possa essere considerata scientifica. Potrebbe sembrare strano, ma nessuno aveva prima d’ora stabilito quali fossero le regole della fotografia scientifica, ovvero perché si dovesse fare in un modo piuttosto che in un altro. Il motivo di questa mancanza di scientificità risiede in un equivoco fondo, in un “peccato originale”, che è ancora profondamente strutturato nella cultura degli odontoiatri. Storicamente infatti ci siamo rivolti ai fotografi professionisti, e i più ancora lo fanno, per ricevere consigli e suggerimenti sia sulle attrezzature da acquistare sia sulle tecniche da utilizzare per la fotografia odontoiatrica. Ma questi fotografi professionisti hanno un’estrazione culturale artistica, non scientifica, ad essi infatti interessa il bello non il vero, mentre la scienza — al contrario — si dovrebbe nutrire di verità e di realismo! La fotografia può assumere tantissimi significati e avere molteplici finalità, ed è fondamentale quindi che sia eseguita secondo i criteri specifici della disciplina coinvolta. Un fotografo naturalista ha esigenze diversissime da un esperto di ritratti o da uno specialista in moda, e l’attrezzatura e le modalità d’uso della stessa saranno rispondenti e funzionali alla specifica disciplina. È dunque necessario partire da queste considerazioni per svolgere correttamente il tema della fotografia scientifica, che non potrà che essere uno strumento di rappresentazione fedele della realtà clinica, senza quei ritocchi o abbellimenti propri della fotografia d’autore. I criteri e le caratteristiche che deve possedere un’immagine fotografica per poter essere definita “scientifica” devono dunque essere: facile ripetibilità nel tempo da parte di tutti gli operatori, rappresentazione logica e coerente dei contenuti, perfetta leggibilità, fedeltà assoluta nei colori. In altri termini l’immagine clinica deve essere considerata una rappresentazione “notarile” della realtà, perché ad essa è affidato il compito di certificare — “testimoniare la pubblica fede” — di fatti e realtà cliniche.
L’ortografia delle immagini.
È quindi necessario stabilire con chiarezza le modalità di creazione delle immagini che rispondano a questi requisiti di scientificità, e poiché fotografare significa etimologicamente “scrivere con la luce”, ho definito queste regole come “Ortografia delle immagini”. Attraverso tre semplici regole, che riguardano la selezione del contenuto, la leggibilità e la prospettiva d’osservazione, si possono così creare documenti scientifici resi preziosi dalla propria corrispondenza alla realtà, e quindi ineccepibili. Rispettando tre semplici regole, chiunque può creare “documenti scientifici” leggibili da chiunque nel tempo, quindi universali. La sola ortografia delle immagini, certamente necessaria, risulta però insufficiente per altri fondamentali aspetti delle immagini. Infatti la fotografia digitale richiede ragionamenti completamente diversi da quelli cui eravamo abituati con l’analogica; le regole di base di ottica, funzionamento meccanico delle fotocamere, e composizione delle immagini non variano, ma tutto il resto si! L’immagine digitale è il prodotto di un percorso nato agli inizi del secolo scorso con Albert Einstein, che pose le basi teoriche, scoprendo l’effetto fotoelettrico, per trasformare la luce in numeri, cioè per digitalizzare le immagini. Questo cammino non è ancora terminato, visti gli attuali progressi tumultuosi, e pone seri problemi agli utenti per mantenersi al passo con le tecnologie e le attrezzature. Il problema generale che tutti devono comprendere, è che l’immagine digitale non sempre corrisponde alla realtà, essendo solo una sua rappresentazione, frutto di calcoli matematici decisi e programmabili dall’utente. In altri termini, l’immagine fornita dalla fotocamera dipende sia dal funzionamento analogico e ottico del complesso lenti/fotocamera, ma anche in larghissima parte dalle scelte dell’utente. La mia domanda allora è la seguente: poiché moltissimi odontoiatri utilizzano le immagini digitali per trasferire le informazioni sul colore della dentatura dallo studio al laboratorio, ci siamo mai chiesti quanto siano fedeli nei colori queste stesse immagini? È un problema importante, perché l’estetica impone che il colore delle protesi sia indistinguibile da quello dei denti naturali; il colore corretto è uno dei fondamentali fattori di successo della moderna odontoiatria. Tutti guardano all’aspetto estetico, pure importante, delle immagini, ma nessuno si domanda “quanto” quella stessa immagine sia una rappresentazione fedele dei colori della realtà. Esiste, come a tutti è evidente, un’estrema variabilità e incostanza dei colori delle immagini, cosa non accettabile se si richiede alla fotografia di trasferire dallo studio al laboratorio le informazioni sul colore dei denti, per giungere al desiderato successo estetico.
L’Evidence Based Dentistry Photography
È possibile rendere i colori delle fotografie fedeli a quelli della realtà? Per rispondere a questa domanda occorre conoscere due discipline, la colorimetria e le tecniche di color management digitale. La colorimetria è la scienza che si preoccupa di “misurare il colore” per i più svariati usi, sia industriali che scientifici; il color management è un’applicazione della colorimetria alla fotografia professionale, si pensi per esempio alla necessità di conoscere perfettamente il colore di un quadro antico da restaurare, per valutare gli effetti delle operazioni di restauro stesso. Studiando la colorimetria e il color management digitale si trova la risposta alla domanda posta inizialmente, e integrando così queste due discipline con l’odontoiatria, ho potuto elaborare una nuova filosofia operativa, che ho chiamato Evidence Based Dentistry Photography, (EBDP), che permette finalmente di ottenere immagini odontoiatriche dai colori fedeli. Ho definito questa filosofia operativa “ fotografia odontoiatrica basata sulle prove” appunto per rimarcare il carattere non artistico ma scientifico della tecnica. La tecnica è stata illustrata nei suoi dettagli, tramite una serie di articoli pubblicati su Riviste Internazionali, per suscitare appunto nella Comunità Scientifica Internazionale una riflessione critica sulla problematica. È stato inoltre doveroso rimarcare il fatto che l’approccio culturale degli odontoiatri alla problematica del colore, presenta aspetti anacronistici e non più adeguati alle attuali conoscenze della colorimetria, e questa condizione è ben rappresentata dall’arretratezza e ambiguità del linguaggio del colore usato dagli odontoiatri. Per questo motivo ho quindi proposto una rivisitazione del glossario del colore in odontoiatria, in accordo con gli Standard stabiliti dagli Organismi Internazionali.
L’EBDP non si interessa solo della problematica dei colori, ma esamina anche le diverse fasi del workflow, cioè le procedure successive a quella dell’acquisizione delle immagini cliniche, necessarie per la corretta gestione del flusso di lavoro digitale. È indispensabile infatti, considerata la crescita esponenziale del numero d’immagini digitali, porre in atto strategie razionali per la conservazione ottimale delle immagini stesse. Questo aspetto, definito gestione del patrimonio digitale (Digital Asset Management- DAM) è di fondamentale importanza per conservare negli anni futuri il frutto del proprio lavoro fotografico. Solamente un flusso di lavoro accurato e coerente in tutte le sue fasi può dare risultati di qualità e duraturi nel tempo, e realizzare così l’EBDP. Alla luce delle attuali conoscenze, la creazione di documentazione fotografica di cattiva qualità, per errori di ortografia visiva, o dai colori infedeli e inverosimili, o ancora la perdita fisica dei file per mancata pianificazione di corrette procedure di backup, non è più accettabile. Le attuali conoscenze e i progressi tecnologici e scientifici rappresentano per tutti una grandissima opportunità, purché si sappiano cogliere e si abbia la forza di abbandonare idee e competenze ormai superate. Viviamo in tempi difficili ma ricchi di opportunità, e quella più importante mi sembra la possibilità, concessa a tutti gli odontoiatri, di raggiungere l’eccellenza estetica percorrendo la via della scienza. La fotografia, in questo contesto, è da considerarsi uno strumento potente di conoscenza, per migliorarsi, comunicare e insegnare meglio. Ed è per questo che la mia speranza è che i giovani professionisti, naturalmente inclini alle nuove tecnologie, sappiano da subito avvalersi dello strumento fotografico secondo criteri scientifici.
Fonte: Dr. Pasquale Loiacono
Autore del libro “Fotografare in Odontoiatria” tradotto in diverse lingue e diffuso, nella versione inglese, in tutto il mondo;
autore di articoli pubblicati su riviste internazionali (Quintessenza Internazionale, JOMI)