La stupidità e la fretta
L’uomo moderno pensa di perdere qualcosa del tempo quando non fa le cose in fretta. Però non sa che farsene del tempo che guadagna, tranne ammazzarlo (Erich Fromm).
Nel lessico abituale (non solo in italiano) si dice che una persona è “svelta” per intendere che è intelligente (o furba). Mentre lo stupido è definito “lento” o “tardo”. Eppure anche nelle più elementari e abituali espressioni del buon senso si nota spesso che la fretta è una fonte di stupidità.
La gatta frettolosa, dice il proverbio, fa i gattini ciechi. Ma forse è cieca la gatta. Cioè dobbiamo chiederci quanto ci sia di cieco, o di miope, nell’imperversare della fretta. È vero che una persona intelligente può capire prima. Ma non perché è frettolosa. Il motivo è che sa ascoltare – perciò si disperde meno e arriva più direttamente alla comprensione.
Saper ascoltare é una risorsa fondamentale dell’intelligenza e un efficace antidoto alla stupidità.
Ma ciò non significa che la fretta sia intelligente. Spesso accade il contrario. “Capire al volo” è un esercizio divertente – quando funziona. Ma in molte situazioni saremmo meno stupidi se invece di “saltare alle conclusioni” dedicassimo un po’ di tempo ad assicurarci di aver capito davvero.
L’epoca in cui viviamo è condizionata dalla fretta – in un modo confuso, irragionevole e spesso snervante. È vero che oggi molte cose si muovono e si sviluppano più velocemente che in passato. Ma non tutte – e non in modo così isterico e assillante come sembra a chi si lascia travolgere dalla fretta.
C’è un vecchio proverbio che dice “chi va piano va sano e va lontano”. Credo che sia nato in un mondo antico e agricolo, dove il tempo era dettato dal ciclo delle stagioni. Per i contadini (che erano la maggior parte della popolazione) l’unico mezzo di trasporto era andare a piedi. Anche i pochi privilegiati che potevano disporre di un cavallo o di una carrozza andavano poco lontano, rispetto a ciò che possiamo fare oggi – e ci mettevano un’infinità di tempo.
Il lavoro nei campi era pesante. L’orario era “dall’alba al tramonto” – quasi tutti i giorni. La vita era molto più dura di come la dipingono le agiografie o le nostalgie del “buon tempo antico”. Possiamo o vogliamo tornare a quell’era bucolica? Credo di no, perché la troveremmo insopportabile. Ma non è un buon motivo per vivere ossessionati dalla fretta.
Nella cosiddetta “era post-industriale” si riscopre l’utilità di concezioni e comportamenti delle epoche pre-industriali – non solo delle culture agricole, ma anche di quelle “nomadiche” che le avevano precedute. Ma naturalmente si tratta di un modo attuale di esprimere quei valori, non di un “ritorno al passato”. Alcune osservazioni sulle complessità storiche nell’evoluzione delle risorse di cui disponiamo si trovano in Il computer di Archimede e in L’arte di comunicare. Uno svolgimento più ampio si trova in Cenni di storia dei sistemi di informazione e di comunicazione. Un’analisi riguardante lo sviluppo storico dell’informatica e della telematica è nella “cronologia”; in appendice a L’umanità dell’internet.
Oggi possiamo muoverci e comunicare con una velocità che ci è stata sconosciuta per il 99% della nostra storia. Ma ciò non significa che dobbiamo lasciarci travolgere dalla fretta. Se non siamo più schiavi delle distanze, delle lentezze, della scarsità di risorse, eccetera… il “benessere” è tanto più utile (e piacevole) quanto più ci libera dalle costrizioni e ci offre tempo per pensare.
L’elogio della lentezza non è solo un’invocazione o una contemplazione filosofica. Saper trovare il “tempo giusto” è una necessità pratica. Ma non possiamo riuscirci se non abbiamo il tempo di pensare. L’intelligenza non è, per sua natura, più veloce o più lenta della stupidità (e viceversa). La differenza non sta nel tempo, ma nel modo in cui si agisce o si affronta un problema.
Può essere stupido dilungarsi inutilmente, esitare quando è il momento di agire, lasciarci sfuggire un’occasione perché non l’abbiamo saputa cogliere in tempo.
Ma è altrettanto stupido buttarci a precipizio, senza aver avuto il tempo di pensare, su ciò che non è necessario fare immediatamente – e così moltiplicare all’infinito le possibilità di sbagliare, pasticciare e confondere le cose in un modo che ci costringerà poi a perdere tempo per rimediare, causando di nuovo l’affanno della fretta, trascinandoci in un circolo vizioso sempre più accelerato, sempre più affannoso e sfibrante.
La fretta, quando non è motivata da una precisa necessità, è quasi sempre stupida. Perché spesso induce a sbagliare. Ma anche perché, comunque, ci rovina la vita mettendoci in uno stato di continuo affanno, in una perenne ansiosa rincorsa del nulla che è diventata un’abitudine fine a se stessa.
Sembra di essere in un mondo come quello descritto da una ambigua regina degli scacchi in Alice di Lewis Carroll, dove bisogna correre sempre più in fretta per rimanere nello stesso posto. Siamo ossessionati dall’idea che tutto debba sempre muoversi con un moto continuamente accelerato, come se fosse in “caduta libera” per precipitare chissà dove – e che se non continuiamo a correre (spesso senza avere alcuna idea di dove stiamo andando) rischiamo di restare indietro.
Dimentichiamo un po’ troppo facilmente che “indietro”, molto più spesso di quanto credono i frettolosi, può essere una posizione di vantaggio. Per vedere dove va a sbattere chi corre ciecamente in avanti. O per fare intenzionalmente “un passo indietro”, allargare la prospettiva e così capire molto meglio su quale percorso ci stiamo muovendo.
Ci sono, naturalmente, lentezze perverse e inaccettabili. Un po’ di accelerazione servirebbe là dove servizi mal strutturati fanno perdere un’infinità di tempo. È insopportabile che per un’ora di volo se ne debbano perdere tre in trasporti urbani e attese negli aeroporti. O che le cose più semplici e banali diventino incredibilmente lunghe e complicate a causa della stupidità delle burocrazie.
Per non parlare delle sciagurate tecnologie che ci fanno perdere tempo con sistemi malfunzionanti e infinite scomodità che potrebbero essere eliminate usando le risorse tecniche (e umane) con un po’ di raziocinio.
L’elenco delle lentezze stupide potrebbe essere molto lungo. E sembra che ogni giorno le inesauribili risorse della stupidità umana riescano a inventarne una nuova. Ma di tutto questo quasi nessuno si occupa seriamente. E intanto tutti vanno di corsa, senza sapere dove o perché.
L’ossessione della fretta è soprattutto nel lavoro, ma ha invaso anche la vita privata. Fast food, fast vacanze, fast divertimenti, svaghi e spettacoli, fast (e spesso finti) entusiasmi e delusioni, fast soluzioni che sono peggio dei problemi.
Fast informazione che per la fretta di arrivare prima spesso non sa quello che dice. Fast libri che promettono di dirci tutto in quattro pagine e servono solo a confonderci le idee – o sono scritti così in fretta che l’autore non ha avuto il tempo di capire che cosa stesse scrivendo. fast rincorsa di qualsiasi cosa anche quando non sappiamo che cosa sia.
Da come lo vediamo rappresentato sembra che ormai perfino il sesso sia diventato fast, qualcosa da “consumare” in fretta, preconfezionato in serie in pratici imballaggi “apri e gusta”. Sembra che il massimo delle ambizioni umane sia l’eiaculazione precoce (questo potrebbe contribuire a spiegare perché tante donne sono un po’ deluse e irritate nei confronti dell’universo maschile).
Per fare un buon ragù non ci vuole un ciclotrone. Bastano attrezzi semplici e buoni ingredienti. Ma bisogna metterci tempo, esperienza, intelligenza, attenzione, sensibilità e gusto. Quando abbiamo fretta possiamo comprarlo in lattina al supermercato. Ma i casi sono due: o chi l’ha prodotto ha avuto tempo, cura, pazienza nel trovare il modo giusto di farlo – o quello che mangeremo sarà una porcheria. Dobbiamo essere grati a chi si impegna davvero per darci qualità e buonumore mentre ci fa risparmiare tempo. Ma molti fanno il contrario.
Perdere tempo non è utile, né divertente. Ma trovare il tempo è una delle basi dell’intelligenza. Non solo migliora i risultati, ma ci fa anche star meglio. La fretta è spesso una conseguenza, ma anche una causa, della confusione mentale e dell’angoscia.
La fretta non è velocità. Un processo intelligente non è solo più efficace, ma è anche più veloce, perché riduce il rischio di dover continuamente tornare indietro per correggere gli errori delle scelte frettolose.
Se si vuole arrivare in fretta, è molto più efficace tracciare con calma un percorso intelligente che correre chissà dove senza bussola. Spesso un’intuizione veloce può abbreviare un percorso; ma a quell’improvvisa illuminazione non si arriva se non si è costruito prima un patrimonio di esperienza e di orientamento.
Ci sono molte situazioni in cui fatti determinanti devono avvenire in tempi brevi – ma un’impostazione frettolosa può produrre disastri. Accade in un’infinità di campi, dagli esperimenti scientifici a ogni sorta di tecnologie, come anche in situazioni di gestione organizzativa o nella vita quotidiana di tutti.
Un buon esempio è il successo sportivo – che può sembrare la massima incarnazione della fretta. Ci possono essere, in alcune competizioni, differenze di centesimi di secondo fra la vittoria e la sconfitta. In quasi tutte le discipline ci sono momenti decisivi in cui un’estrema lucidità e prontezza in tempi brevissimi può essere determinante. Ma questa non è l’apoteosi della fretta o dell’improvvisazione. Al contrario, dietro il successo ci sono anni di allenamento, di studio, di impegno, di paziente e ostinata preparazione.
Credo che sia venuto il momento di fermarsi – almeno per qualche minuto – e pensare. Che “manchi il tempo” è quasi sempre una bugia – o un errore di prospettiva. Invertire il ciclo autodistruttivo della fretta non è facile, ma quando ci riusciamo i vantaggi possono essere sorprendenti. Fermare, o almeno rallentare, quel perverso meccanismo è un modo per ridurre il potere della stupidità.