La nostra salute dipende anche dai geni dell’uomo di Neanderthal
L’evoluzione antropologica avvenuta nei secoli pare tenda, sorprendentemente, a conservare qualcosa di “antico” nei propri, modernissimi geni.
Dal meeting viennese della Society for Molecular Biology and Evolution tenutosi lo scorso luglio sono emerse delle sorprendenti scoperte: ogni uomo conserva nel suo patrimonio genetico un 2-4% di dna neanderthaliano (nel caso di Europei ed Asiatici) e un 5% di genoma Denisovan (patrimonio ereditato da Aborigeni australiani e da Melanesiani). Tali percentuali, seppur minime, possono comunque incidere in maniera abbastanza significativa sulla nostra salute. In che modo? I genetisti Corinne Simonti e Tony Capra della Vanderbilt University di Nashville hanno condotto uno studio su un campione di 28mila pazienti anonimi, collegando la variante dei geni dell’uomo di Neanderthal all’insorgenza di alcune patologie che ci affliggono tutt’oggi, quali: osteoporosi, difetti della coagulazione e persino dipendenza da nicotina.
Il nostro corpo 2.0, inoltre, potrebbe aver ereditato dal nostro lontano predecessore una maggiore tendenza a contrarre allergie, oltre ad una sensibilità della pelle piuttosto accentuata. Tutte “caratteristiche” che il nostro organismo ha ricevuto in eredità dall’alba dei tempi ma che, tuttavia, vanno messe in correlazione con i cambiamenti territoriali e climatici ai quali il nostro tempo ha sottoposto il corpo umano oggi.