L’ictus continua a colpire, ma nuovi interventi all’avanguardia riducono la disabilità del 45%
Oggi, 29 novembre, al via la Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale. La malattia, che rappresenta la terza causa di morte, è in continua crescita, ma le terapie migliorano e la disabilità risulta ridotta del 45%
L’ictus si posiziona la terzo gradino del podio in fatto di cause di morte, preceduto da malattie cardiovascolari e tumori, mentre è al primo tra le cause di disabilità nell’adulto. A puntare i riflettori sul problema, oggi, 29 novembre, al via la Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale. L’incidenza della malattia, che colpisce ogni anno quasi 200mila italiani, non accenna a diminuire. Aumentano di anno in anno i casi di ictus, ma la disabilità motoria e i problemi nel parlare, in soli due anni, hanno visto una drastica diminuzione di circa il 45%. Tali importanti risultati sono stati raggiunti grazie a nuovi ed innovativi trattamenti che, in Italia, sembrano prendere sempre più piede. La disabilità conseguente ad un ictus, è legata al coagulo che si genera durante la sua insorgenza che blocca i vasi sanguigni interrompendo la fornitura di sangue a parti vitali del cervello. I tradizionali farmaci impiegati non sempre riescono a risolvere il problema. Molto più efficace sembra essere la trombectomia, una riduzione meccanica del coagulo, che consiste nell’inserimento di una sottile maglia metallica in un’arteria della gamba che viene diretta al cervello, con la guida a raggi X. Qui verrà poi allargata per rimuovere il coagulo. Secondo quanto contenuto nel Registro Nazionale, l’impiego di questo tipo di tecnica, risulta raddoppiato in Italia. Nel 2016 infatti si contano ben 1.286 di interventi , a fronte dei 565 effettuati nel 2014. Dati davvero incoraggianti che posizionano l’Italia tra gli Stati più all’avanguardia in questo settore, tanto da superare il Regno Unito, dove ben 9000 persone potrebbero beneficiare di trombectomia, ma solo circa 600 la ricevono. In Italia, nonostante gli ottimi risultati raggiunti in due anni, il numero di potenziali interventi potrebbe salire a 7.000. Fondamentale la formazione di personale addestrato di neuroradiologi interventisti competenti, per ora carenti a causa della mancanza di una scuola di specializzazione.