Il lavoro a turni, soprattutto la notte, incrementa il rischio di malattie cardiache
E’ plausibile che chiunque sia costretto a lavorare di notte sogni costantemente un’occupazione diurna; ciò è del tutto comprensibile non soltanto per le implicazioni familiari e sociali che il turno di notte comporta, ma soprattutto per lo stress psico-fisico determinato dall’alterazione del ritmo sonno-veglia.
Numerose ricerche nel passato avevano correlato il lavoro a turni a disordini di carattere metabolico come il diabete, o ad ipertensione.
Quest’anno, due team di ricerca, uno norvegese e l’altro canadese, hanno condotto uno studio epidemiologico basato sull’analisi di numerosi lavori presenti in letteratura relativi a tale tematica; in totale le pubblicazioni prese in considerazione sono state 34, ed il campione di persone coinvolte è decisamente ampio, oltre i due milioni.
I risultati sono stati pubblicati da pochissimi giorni sulla rivista BMJ, British Medical Journal, ed evidenziano nei cosiddetti “shift workers” ( lavoratori a turni) una maggiore tendenza a riportare disturbi cardiaci, soprattutto infarto del miocardio ed infarto ischemico.
Il prof. Dan Hackam, della Western University, Ontario, Canada, dichiara ai microfoni dell’ emittente britannica BBC che chi effettua di frequente turni di notte inizialmente è incline a riportare disturbi del sonno e dell’ alimentazione a causa dello stato di perpetua attivazione del sistema nervoso.
Pertanto i primi campanelli di allarme a destare qualche preoccupazione sono eventuali incrementi della pressione sanguigna e dei livelli plasmatici del colesterolo, fattori di rischio che spesso costituiscono un preludio a disturbi cardiaci ben più seri.