Esclusivo. A rischio il 63% delle cliniche private. Niente accreditamento per le piccole
Questo il risultato dei nuovi standard ospedalieri all’esame delle Regioni. Su 406 case di cura private accreditate per acuti, ben 257, pari al 63,3%, non hanno gli 80 posti letto minimi previsti. A rischio 10.412 posti letto per acuti nel privato. Pelissero (Aiop): “Rivedere un provvedimento sbagliato e rovinoso”. 11 NOV – Lo schema di regolamento sulla riorganizzazione della rete ospedaliera del Ministero della Salute interviene anche sulle strutture private accreditate. E lo fa con un piccolo, ma quanto mai decisivo comma. Non potranno infatti essere più accreditate le cliniche private con meno di 80 posti letto per acuti. In base ad una prima elaborazione effettuata da Quotidiano Sanità sui dati del Ministero riferiti all’anno 2011, risulta che sono 406 le case di cura private accreditate per le acuzie, per un totale di 28.945 letti per acuti. Ma di queste ben 257 strutture, il 63,3% del totale, hanno meno di 80 posti letto per acuti, e non rientrano nel nuovo limite previsto dal regolamento ministeriale. In tutto potrebbero essere sconvenzionati dal Ssn 10.412 posti letto per acuti, pari al 35,9% dei letti per acuti nel privato accreditato.
“È evidente – sottolinea il presidente Aiop Gabriele Pelissero – che un provvedimento che incide sulla riorganizzazione ospedaliera per il privato accreditato e che si limita a tagliare sulle basi di una soglia limite è fortemente sbagliato”.
“Non è attraverso un tetto – specifica il presidente dell’Aiop – che si può stabilire se una struttura è utile, di qualità o superflua. Occorre fare delle differenziazioni. Per esempio le strutture monospecialistiche hanno soglie diverse rispetto a strutture polispecialistiche”. “Per queste ragioni – continua – crediamo che il provvedimento debba essere profondamente rivisto. Più che di soglie si dovrebbe parlare di standard qualità e di sostenibilità. Inoltre, bisogna evidenziare come vi siano delle differenze elevate tra le strutture pubbliche e quelle private. Le prime sono pagate per costo mentre quelle private sono pagate a prestazione ed è del tutto evidente che un criterio dimensionale non ha una logica”. “In ogni caso – conclude Pelissero – siamo fiduciosi che un esame più attento del Ministero e della Conferenza Stato-Regioni possa portare ad una revisione del provvedimento, anche perché pensare di chiudere un numero così elevato di strutture sarebbe certamente rovinoso per la sanità italiana”.
Fonte: www.quotidianosanità.it