Distribuzione intermedia del farmaco: Un’interfaccia fondamentale, soprattutto quella Full-Line

Tallin, sede dell'ultimo congresso del GIRP

Dal produttore al consumatore? Purtroppo non parliamo di pomodori. Spesso e volentieri mi è capitato di captare opinioni indignate da parte dei cittadini italiani nel momento in cui politici e dirigenti sanitari facevano riferimento ai costi di distribuzione (In Italia addirittura arrivavano fino a qualche anno fa ad un terzo del prezzo al dettaglio, n.d.r.) per giustificare l’alto prezzo dei farmaci. Per quanto incomprensibile il linguaggio politichese possa risultare al cittadino medio, e quando poi si parla di salute pubblica spesso diviene assimilabile al sanscrito antico, bisognerebbe in realtà comprendere che non sempre politici ed operatori sanitari hanno interesse a nascondere la verità.

E’ noto a tutti  che nel momento in cui, ricetta medica alla mano, ci rechiamo in farmacia, sono rarissimi i casi in cui il farmaco da noi richiesto non sia immediatamente disponibile. Quando malauguratamente ciò accade,  il farmacista riesce quasi sempre a reperirlo nel giro di poche ore.

Come si spiega una tale efficienza? E’ presto detto, grazie ai grossisti farmaceutici, ossia professionisti la cui funzione di interfaccia tra l’industria e la farmacia, garantisce ai pazienti la costante presenza sul territorio, anche dei farmaci utilizzati nelle patologie più rare.

Esistono essenzialmente due tipologie di grossisti farmaceutici: la prima è caratterizzata da quelli che  trattano farmaci e para-farmaci di un solo produttore o di un ristrettissimo numero di produttori, i cosiddetti grossisti “direct-to-pharmacy” e “reduced-wholesaler-agreement”; la seconda è quella dei modelli  “full-line” cioè quelli che trattano tutte le referenze in commercio. Esiste poi una differente terza via di approvvigionamento per le farmacie ed è la vendita diretta da parte dell’industria. Recenti ricerche di carattere farmaco-economico sulle realtà distributive di sei nazioni europee, Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna e Regno Unito, hanno evidenziato una sostanziale  differenza tra i due modelli di distribuzione  a livello di output in termini di incidenza sul prezzo finale del farmaco, qualità, trasparenza ed efficienza nella distribuzione.

L’evidenza statistica ha dimostrato in particolar modo che i farmacisti prediligono di gran lunga il modello full-line infatti circa l’85% del campione lo ritiene estremamente più valido rispetto all’altro mentre la vendita diretta risulta soddisfacente solo per il 40% dei professionisti interpellati.  Le ricerche sopra menzionate sono state illustrate in anteprima ad una platea di addetti ai lavori nel corso del 52° Congresso del GIRP, l’Associazione europea dei grossisti farmaceutici full-line, ospitato quest’anno a Tallinn, in Estonia, dal 5 al 7 giugno. Un eventuale ipotesi di conflitto d’interesse sarebbe a questo punto legittima, visto che l’organizzazione europea dei distributori full-line decreta il proprio successo nei confronti della concorrenza. Tale ipotesi però inizia a vacillare nel momento in cui si considera che le indagini non sono state effettuate da un’organismo interno all’associazione ma da un’istituzione indipendente: L’IPF di Vienna, Istituto di indagini farmaco economiche.

Il povero cittadino nel frattempo sarà sempre più confuso nel constatare quale sia il volume di affari che gravita attorno alla propria salute. Purtroppo però ciò è noto dalla notte dei tempi: “L’obbiettivo della medicina è la salute, quello dell’economia è la ricchezza; il farmaco li persegue entrambi”. Aristotele, Etica.

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