Corsi di formazione, in quali casi si paga l’Iva?
Iva o non Iva? Da tempo la normativa fiscale attorno ai corsi di formazione in medicina non è chiara. L’agenzia delle Entrate è intervenuta con molte risoluzioni a proposito del trattamento agli effetti dell’Iva dell’attività di formazione e aggiornamento, regolata sia dall’articolo 10, punto 20, del decreto del Presidente della Repubblica 633/1972, sia, per quanto riguarda gli enti pubblici in generale, dall’articolo 14, comma 10, della legge 537/1993. Eppure, ancora oggi molti dubbi rimangono, soprattutto per quanto riguarda la formazione «passiva», cioè nei casi in cui le aziende si trovino a corrispondere compensi a soggetti terzi per la formazione dei propri dipendenti.
«Acquistare» formazione non sembra infatti un comportamento che, tecnicamente, rientra nelle esenzioni specificate nella legge del ’72. A salvare le tasche delle aziende, però, c’è la legge del ’93, che stabilisce come il costo sostenuto da un ente pubblico per la partecipazione a corsi per i propri dipendenti da chiunque organizzati è sempre esente da Iva. Tutto chiaro e senza Iva, quindi? No, perché qualche dubbio permane nel caso in cui i corsi, anziché essere riservati esclusivamente al personale dipendente, siano aperti anche a terzi, o se siano tenuti da liberi professionisti.
Ci vogliono occhi esperti e mente allenata per leggere tra le righe delle leggi le norme da seguire in questi casi specifici. Alla fine, pero, assicurano gli esperti, la quadratura del cerchio sembra essere, tutto sommato, semplice. Considerate tutte le indicazioni di legge si può affermare che il riconoscimento di un corso da parte della Regione o del ministero della Sanità (o eventualmente, in relazione ai contenuti, anche da parte di una diversa pubblica amministrazioneo Ente pubblico a cui siano stati delegati poteri specifici) sia l’unica condizione da soddisfare per non assoggettare a imposta le quote di partecipazione.