Cocaina, le ricadute dipendono da una molecola del cervello
Analizzato un antagonista del neuropeptide S, responsabile della trasmissione dei segnali cerebrali
MILANO – La molla che fa scattare il desiderio della cocaina quando ci si trova in un ambiente “favorevole” all’abuso – anche quando ci si è disintossicati – si trova in una molecola del cervello, che però può essere “spenta”. Lo ha scoperto uno studio italiano, pubblicato dalla rivista Pnas, che potrebbe dar vita a una nuova terapia contro questo aspetto insidioso della dipendenza. «Spesso quando una persona decide di smettere all’inizio ci riesce, ma poi fattori ambientali, come trovarsi in presenza di qualcuno che fa uso della droga, causano la ricaduta – spiega Roberto Ciccocioppo dell’università di Camerino, che ha diretto lo studio condotto in collaborazione con il National Institute of Health americano -; interrompendo con i farmaci l’attività del neurotrasmettitore che abbiamo individuato potrebbe essere possibile evitarlo». Lo studio ha esaminato alcuni topi che erano stati resi dipendenti dalla cocaina e poi disintossicati, verificando che un antagonista del neuropeptide S, una molecola responsabile della trasmissione dei segnali cerebrali, diminuisce le ricadute. Al contrario, iniezioni del neuropeptide aumentano l’astinenza e l’impulso a prendere la droga.
TERAPIA FARMACOLOGICA – «Il sistema del neuropeptide S è stato scoperto solo di recente – spiega l’esperto -; è molto interessante perché aumenta la capacità di recepire gli stimoli esterni ma è anche ansiolitico. Con la nostra scoperta speriamo di stimolare l’attenzione delle industrie farmaceutiche perché sviluppino un farmaco antagonista, qualche esperienza preclinica in questo senso ha già dato buoni risultati». Quello di una terapia farmacologica per le dipendenze è un campo molto promettente, ma ancora in fase preliminare: «Lo studio di antagonisti di recettori è molto promettente in diverse dipendenze, come quella alla nicotina, ma ancora non ci sono studi sull’uomo – spiega Cristina Cadoni dell’istituto di Neuroscienze del Cnr di Cagliari -; tutti speriamo di riuscire a trovare dei farmaci, ma bisognerà stare attenti agli effetti collaterali che si possono avere quando si interferisce con queste molecole, che hanno comunque altre funzioni: da questo punto di vista mi preoccupa in maniera particolare il fatto che nelle tossicodipendenze ci sia un disturbo dei meccanismi della gratificazione». Anche se le ricerche sulle terapie farmacologiche, o addirittura sui vaccini per le tossicodipendenze andassero a buon fine potrebbero comunque non risolvere il problema: «Non bisogna confondere gli strumenti di cura con la cura stessa – avverte Riccardo Gatti, direttore scientifico dell’Osservatorio Dipendenze della Lombardia -; anche se si trovasse una terapia farmacologica andrebbe comunque affiancata da altri tipi di interventi di tipo cognitivo e psicologico. Inoltre non bisogna dimenticare che non tutte le persone che abusano delle droghe sono uguali, e che spesso si è dipendenti da più di una sostanza».