Barefooting: pregi e difetti del camminare scalzi
Si scrive “barefooting”, si legge “camminare scalzi”. L’arte di camminare a piedi nudi riserva pro e contro al nostro corpo e alla nostra mente. Perchè di “arte”, in fondo, si tratta.
Diventata rapidamente una moda tra le star di Hollywood, l’arte del barefooting è in realtà da prendere più sul serio di quanto si creda. Camminare a piedi scalzi, infatti, rinfranca non solo lo spirito – donando una piacevole sensazione di libertà ed aiutando il soggetto a ristabilire un rapporto “intimo” ed equilibrato con la natura – ma fa bene anche al corpo, seppur con qualche limitazione. Nei bambini, il barefooting è essenziale per sviluppare la propriocettività, ossia la capacità di riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei muscoli, indipendentemente dall’ausilio del senso della vista; esso, inoltre, permette nei più piccoli una corretta strutturazione dell’arcata plantare e un perfezionamento della postura del corpo. Negli adulti, invece, camminare a piedi scalzi aiuta la circolazione, migliora la qualità del sonno e lenisce i disturbi cronici (quali, ad esempio, l’alluce valgo o il mal di schiena).
Come ogni pratica, tuttavia, anche il barefooting presenta alcune controindicazioni. Camminare a piedi scalzi è sconsigliato nei pazienti affetti da patologie infiammatorie che interessano i piedi, come la tallonite. E’ indispensabile, inoltre, praticare il barefooting in maniera graduale e del tutto sicura, avendo sempre l’accortezza di portare in borsa un paio di infradito, da utilizzare all’occorrenza.