Alimentazione, rivelazione choc: grassi saturi demonizzati
Amati, odiati, temuti: sono i grassi saturi, presenti in alimenti che tentano maggiormente le nostre papille gustative, con buona pace del girovita e del nostro cuore. O forse no
Le ultime ricerche nel campo dell’alimentazione smentirebbero quella che sembrava essere una verità “biblica” sino a qualche tempo fa: l’assunzione di grassi saturi attraverso la dieta non contribuirebbe all’insorgenza di patologie cardiovascolari. La scoperta choc, portata alla luce da uno studio condotto dall’Università di Cambridge – e pubblicato sulla rivista “Annals of Internal Medicine” – sarebbe emersa dopo aver passato in rassegna circa 80 ricerche condotte su un campione di oltre 500 mila persone. I risultati di tutte le ricerche concorderebbero tra loro: i grassi, dunque, sarebbero stati “demonizzati” per decenni senza alcuna motivazione plausibile.
Confusione e paura di assimilare gli alimenti giusti sono sentimenti che serpeggiano tra le persone, ma che non hanno determinato un abbassamento dell’incidenza di patologie letali per il nostro organismo legate ad un’errata alimentazione, come obesità e diabete. Ne sono esempio gli Stati Uniti, dove l’obesità infantile è un fenomeno pericoloso in continua crescita. La rivalutazione di una corretta alimentazione è stato il perno centrale di un convegno tenutosi a Firenze lo scorso 24 marzo, dal titolo “Food Science & Food Ingredients: the need for reliable scientific approaches and correct communication”.
Nella suggestiva cornice di Palazzo Strozzi nutrizionisti, dietisti e medici da ogni parte del Globo hanno discusso sul ruolo di grassi, carboidrati & co. nonché sull’importanza di rivalutare il ruolo “sociale” del cibo. “Le future ricerche nel campo della scienza della nutrizione avranno bisogno di nuovi e innovativi modelli sperimentali che prendano in considerazione – oltre l’effetto biologico – altri aspetti della nutrizione umana quali aspetti psicologici, culturali e sociali, che sono in definitiva legati alla scelta alimentare”, ha dichiarato il Professor Furio Brighenti, Presidente della SINU (Società Italiana Nutrizione Umana) e Ordinario del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Parma.
Un aspetto fondamentale, quello legato alla ripercussione “psicologica” di una corretta alimentazione sulla vita sociale del paziente, sottolineato anche dal Professor Dennis Bier, Direttore dell’American Journal of Clinical Nutrition. “L’approccio che studia i singoli nutrienti è necessario per aiutare a definire risposte biochimiche a quell’elemento, ma non è in grado di cogliere la risposta ad una alimentazione complessa come quella umana”.