L’IDI di Roma, un ospedale in agonia

IDIAmbulatori vuoti, macchinari rotti e mai riparati, personale senza stipendio: così va in rovina un’eccellenza italiana!  La fotografia della crisi in cui versa la sanità italiana potrebbe essere scattata in uno dei corridoi vuoi dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI) di Roma. Un’eccellenza assoluta in campo dermatologico e non solo, che ancora oggi il sito web descrive come un luogo dove trovare strumenti di ultima generazione, tecnologie all’avanguardia e medici competenti ma è ormai un guscio quasi vuoto, travolto da un crac finanziario che ha lasciato il personale senza stipendio e la struttura senza manutenzione, a spegnersi poco a poco.
L’agonia dell’IDI è stata raccontata dall’agenzia di stampa Adnkronos attraverso un reportage che lascia sbigottiti: nei corridoi dove un tempo si accalcavano i pazienti in attesa delle visite e degli esami non c’è più nessuno perché la gente pensa che l’ospedale sia già chiuso, TAC e risonanze da centinaia di migliaia di euro, ma anche banalissimi computer, smettono di funzionare perché non ci sono i soldi per la manutenzione ordinaria. Fuori, il personale che manifesta perché da mesi non ha più uno stipendio: una gestione dissennata di questo gioiello dell’assistenza («il più grande ospedale dermatologico d’Europa», recita ancora il sito web) ha svuotato completamente le casse e negli ultimi mesi l’attività della struttura si è spenta poco a poco. Un dipendente dell’ospedale, che ha chiesto di restare anonimo, racconta che fino a pochi mesi fa ogni giorno venivano incassati centomila euro solo di visite ambulatoriali; «Oggi se va bene ne entrano in cassa appena ventimila», spiega.
Qui oltre alle prestazioni dermatologiche si faceva anche chirurgia: «Fino a venti, trenta interventi al giorno. C’erano anche le liste d’attesa», dice il dipendente. Ora è diventato difficile se non impossibile garantire anche un minimo di assistenza ordinaria: medici, infermieri e tutto il personale continuano a lavorare per rispetto dei pochi pazienti rimasti, ma anche le attività più semplici diventano un percorso a ostacoli quando ci si trovano davanti sempre più computer spenti (con tanto di biglietto che ne riferisce la “data di morte”) o strumenti manomessi da sabotatori occulti che forse vogliono accelerare il declino dell’IDI. «L’unico ecografo che funziona lo prendiamo la mattina da una stanza chiusa a chiave – dice il dipendente anonimo -. L’ultimo che lo usa lo rimette lì alla sera. Se si rompe è finita». In tutto questo, l’assordante silenzio delle istituzioni: nessuno ha mosso un dito per fermare il disastro dell’ospedale, di proprietà della Congregazione dei Figli dell’Immacolata. Solo pochi giorni fa il Vaticano ha deciso di commissariare la Congregazione, nominando il cardinale Giuseppe Versaldi, presidente della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede, delegato pontificio, con il compito di «guidare l’Istituto religioso e di indirizzare le strutture sanitarie da esso gestite verso un possibile risanamento economico, escludendo tuttavia una partecipazione della Santa Sede in tali opere». La speranza è che per l’IDI non sia ormai troppo tardi.

Fonte:corrieredellaserasalute

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