Ipocondriaci sempre più numerosi
Marco Bobbio, nel libro Il malato immaginato edito da Einaudi, denuncia: «Paradossalmente, nonostante uno straordinario miglioramento delle conoscenze, ci troviamo in uno stato di maggiore incertezza e di minore soddisfazione». Ci si informa sempre di più, ci si illude di poter godere di una salute illimitata e che la medicina sia in grado di risolvere ogni problema e così i pazienti pretendono miracoli dai medici.
Aumenta la coscienza individuale e collettiva sullo stato di salute, e questo porta molti a percepirsi come malati anche quando non lo si è affatto.
Trent’anni fa Henry Gadsen, direttore della Merck, dichiarò: «Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Ci permetterebbe di vendere a chiunque». Più tardi, Alan Barsky, psichiatra di Boston scrisse che «ci deve essere qualcosa che non funziona se una persona, quando non ha alcun problema, va a farsi visitare da un medico». Oggi invece, spiega l’economista Amartya Sen, il malato immaginato è quello che i medici, l’industria dei farmaci e degli strumenti diagnostici si aspettano che sia: una persona più preoccupata del suo futuro che del suo stato attuale, una persona che cura una malattia che forse non gli capiterà mai, una persona che si sottopone a esami per scoprire qualcosa che non gli creerà problemi, una persona ansiosa di prolungare la vita».