Si,… viaggiare!

Gentile Dr.ssa, come tutti gli anni io e mio marito dobbiamo decidere dove passare le vacanze estive. Puntualmente entriamo immediatamente in conflitto: lui vorrebbe passare l’estate in montagna in completo relax, io invece preferirei il mare o fare un piccolo tour su qualche isola che ancora non ho visitato. Come possiamo trovare un accordo ragionevole e risolvere questo con una soluzione che soddisfi entrambi?
Monica F.

La meta del viaggio nasce prima di tutto nell’immaginazione, quando poi la situazione contingente lo permette diviene realizzabile. Ognuno di noi però ha una peculiare rappresentazione mentale del luogo favorito dove trascorrere le vacanze e ritrovare il proprio equilibrio dopo una lunga stagione lavorativa. Viaggiare, come sogno ad occhi aperti o come esperienza effettiva, per l’uomo da sempre non è solo un capriccio ma è una vera e propria necessità per il proprio benessere psicologico. L’evasione da una realtà che può contenere lunghi momenti di noia o di inquietudine funge da motivazione conscia ma anche inconscia ad intraprendere un viaggio la cui meta sarà in funzione dei bisogni dell’individuo, sotto forma di spinta comportamentale che può assumere una valenza sia positiva o negativa, cioè può derivare nel primo caso dalla ricerca di qualcosa da ottenere o nel secondo dall’evitare situazioni indesiderate. Uno degli elementi chiave che accomuna tutti i tipi di turisti e viaggiatori sembra essere la ricerca di un “livello di stimolazione ottimale” (Iso-Ahola, 1982), ossia di uno stato soggettivo ideale che dipende molto dagli stimoli a cui si è assoggettati nella vita quotidiana, ma anche da predisposizioni caratteriali e personali. La costante sensazione di noia porta il livello di attivazione del nostro sistema di percezione di salute sotto soglia, analogamente l’ esposizione prolungata all’ansia e allo stress è in grado di provocarne il superamento.
Come scegliamo le mete turistiche?
Questi aspetti spiegano come le scelte turistiche siano connesse al bisogno di diminuire o eliminare una situazione spiacevole, attraverso il raggiungimento di una meta che può rispondere a diversi bisogni psicologici e che ripristini l’omeostasi iniziale. La ricerca dell’equilibrio in seguito all’ iperattivazione o ipoattivazione del sistema  innesca un processo, molto spesso inconscio, che dà avvio alla motivazione a viaggiare. In una ricerca di Crompton (1979), sono state individuate sette modalità principali di soluzioni dello squilibrio interiore attraverso il turismo:
1.    l’evasione dal quotidiano percepito, che si attua attraverso la ricerca di luoghi di vacanza che siano diversi rispetto a quelli quotidiani vissuti a casa o al lavoro;
2.    l’esplorazione di se stessi, che concerne la ricerca di occasioni nuove in ambienti non familiari che possano permettere di scoprire qualcosa di nuovo sul proprio profilo psicologico, migliorando la conoscenza di sé;
3.    il relax, che favorisce l’allentamento della tensione psico-fisica quotidiana (es. periodi in centri di benessere);
4.    il prestigio, che induce a ricercare nel viaggio una possibilità di promozione sociale;
5.    la regressione che, attraverso forme di comportamento meno razionali, favorisce la liberazione da costrizioni sociali (es. giochi sulla spiaggia);
6.    l’impulso alle relazioni familiari, che stimola il rafforzamento di legami fondamentali anche mediante attività semplici (es. giocare a carte) con un alto valore di condivisione spesso negato nella “sovraffollata” quotidianità;
7.    il miglioramento delle interazioni sociali, che avviene attraverso forme turistiche che tendono a diminuire le inibizioni e a portare in contesti comportamentali diversi dalla quotidianità in grado di ridimensionare le insicurezze interpersonali (es. villaggi in cui sono previste forme di socializzazione).

Come arrivare ad un compromesso tra due esigenze diverse dei compagni di viaggio?
Quando si desidera intraprendere un viaggio con una persona è importante considerare nella valutazione delle diverse opportunità di scelta, le esigenze di ciascuno. Stabilire apertamente quanto intendiamo impegnarci in termini di tempi e di dinamismo, stabilendo se si intende optare per un rapporto scandito in modo predeterminato dagli impegni turistici o se si cerca una permanenza stabile nel medesimo luogo. Un viaggio può avere diversi scopi. Se si viaggia per scelta e si desidera rendere il viaggio un’occasione per ricaricarsi, è necessaria qualche buona regola per prendere decisioni soddisfacenti. Innanzitutto, è necessario prediligere luoghi e tipologie di viaggio lasciandosi guidare soprattutto dai propri bisogni del momento: occorre ascoltare gli stati d’animo e le esigenze fisiche attuali, evitando di forzarsi a fare qualcosa che non risponde alle necessità o alle possibilità del periodo. Se ad esempio oggi non è possibile partire oppure si aveva voglia di viaggiare in un periodo in cui ci si sentisse più in forma, occorre decidere se cambiare momentaneamente meta o cambiare aspettative, piuttosto che rimanere delusi da un’esperienza affrontata sulla base di una condizione fisica o di umore inappropriato oppure guidati da una immagine interiore del viaggio desiderato che si distacca da quello possibile nella condizione attuale. Altrettanto importante è la scelta della compagnia di viaggio, sia quella con cui partire che quella che è possibile condividere a destinazione: il segreto anche in questo caso è lasciarsi guidare dai propri bisogni emotivi, personalizzando la vacanza e ascoltando se stessi, evitando di lasciarsi guidare dalle abitudini e dalle “scelte preconfezionate”. Solo così si potrà beneficiare davvero dei viaggi e non ci si troverà a necessitare di un periodo di “vacanza dalla vacanza”, prima di tornare alla routine.

Quando è necessario far intervenire lo psicologo?
Quando la sindrome da rientro supera il normale periodo di recupero della vita quotidiana e lavorativa. La fine delle vacanze coincide con una sorta di autoanalisi, un momento di riflessione dopo la parentesi estiva che pone l’individuo in una nuova prospettiva nei confronti della quotidianità. Contraddistinguono questa fase: grinta, voglia di fare ciò che non si è mai fatto e di migliorare per raggiungere i propri obiettivi. Il problema è che questa nuova determinazione non deriva da un processo psicologico interno di elaborazione, bensì dall’aver vissuto il benessere momentaneo delle vacanze. Si tratta pertanto di una carica momentanea destinata ad esaurirsi molto velocemente, quando si riprende a pieno il ritmo lavorativo. Ecco allora che si inizia a vivere l’impossibilità della realizzazione dei buoni propositi estivi e tutto si traduce nel sentirsi nuovamente parte di una realtà poco gratificante e dalla quale non si vede via d’uscita. Un disagio che prende il nome di “sindrome da rientro” e che si manifesta con disturbi come nervosismo, agitazione, affaticamento, preoccupazione, svogliatezza. Gli americani la chiamano “holiday blues” e non va confusa con la depressione stagionale. Una sindrome largamente diffusa visti i risultati dei recenti studi che contano una percentuale di vacanzieri colpiti pari al 50%. I soggetti a rischio sembrerebbero essere i vacanzieri insoddisfatti, ovvero chi ha posto nelle proprie ferie grandi aspettative, considerandole la soluzione a tutti i problemi accumulati nell’anno. Ma il tempo è troppo poco e spesso il luogo scelto deludente.E se al rientro si verificasse anche una difficoltà di ricordare e gestire le normali pratiche lavorative? Niente paura trattasi di una temporanea amnesia circa i molteplici schemi mentali acquisiti per gestire quotidianità e realtà lavorativa. Questo a causa del fisiologico “wash out”, disattivazione e cancellazione da parte del cervello di alcuni passaggi mnemonici, in concomitanza di un periodo di non utilizzo e per poter agevolare il riposo.

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