Il ruolo educativo dei nonni

Ogni persona, nel corso della vita, assume, in ambito familiare e sociale, diversi ruoli a seconda delle diverse esperienze ed attività in cui si trova coinvolta. Tra i molteplici eventi che costringono un individuo a ricercare nuovi ruoli vi è la nascita di un nipote, che rivoluziona i dinamismi relazionali dei vari componenti della struttura familiare, dai genitori fino ai novelli nonni. Si instaurano, infatti, rapporti trigenerazionali, con forti implicazioni, affettive ed emotive, poiché i nonni danno vita con i nipoti ad un rapporto diretto, istintivo, talora molto solido, a volte in armonia coi genitori, a volte in contrasto con loro. La “nonnità” dunque richiede una ridefinizione di ruoli, competenze e funzioni, suscita nuove energie e soddisfazioni, ma può far nascere conflittualità e regressioni. Essa viene vissuta diversamente, in base alle caratteristiche individuali di ogni persona: alcuni assumono positivamente il ruolo di nonno, considerandola un’esperienza gratificante, un nuovo motivo di vita che permette loro di mantenere la propria funzione generativa; per altri invece essere nonni significa essere diventati vecchi, inutili, sostituiti dai figli – divenuti genitori -, esclusi dal campo della fertilità e della procreazione, fino a giungere ad un rifiuto del ruolo stesso.
Trascurato fino a non molto tempo fa, oggi il ruolo di nonno è oggetto di accurati studi e indagini, per cui è possibile affermare che “quello di nonno è un ruolo emergente” (Mario Gecchele). In passato infatti i nonni venivano sempre identificati con gli anziani, per cui i loro problemi venivano studiati in riferimento alla terza età; poi invece si è fatta strada l’idea che si tratta di due gruppi con caratteristiche diverse, da studiare separatamente. Questo perché non tutti gli anziani sono nonni (è necessario aver avuto un figlio che sia divenuto padre a sua volta) e non tutti i nonni sono anziani (è sempre più frequente diventare nonni sotto i 50 anni).
L’essere nonni oggi, inoltre, si presenta come un ruolo nuovo anche perché non è assimilabile a quello tradizionale del nonno patriarca, depositario di cultura e saggezza, legato al mondo contadino. I profondi cambiamenti avvenuti all’interno della società e della famiglia hanno dato vita ad una nuova immagine del nonno, così come hanno mutato i rapporti fra genitori e figli. Di conseguenza non esistono modelli con cui confrontarsi, la “nonnità” richiede atteggiamenti e comportamenti diversi rispetto ad un tempo: “non è un’esperienza dedotta dal vissuto tradizionale, ma una vera e propria reinvenzione”, come giustamente afferma il prof. Gecchele. Il ruolo che i nonni oggi devono assumere non corrisponde, infatti, all’immagine che essi hanno assimilato dalla tradizione e ciò può senza dubbio creare notevoli difficoltà di adattamento alla realtà attuale che i nipoti rappresentano (significativa, quanto sbagliata, al riguardo, la frequente espressione: “Ai miei tempi non si faceva così”); tuttavia la cultura diversa, di cui è portatore il nonno, nella nostra società multimediale e multirazziale, può costituire per il nipote l’occasione per un allargamento dei propri orizzonti e per un superamento delle barriere culturali. E’ questo uno dei motivi che porta autorevoli studiosi oggi a dedicare molta attenzione alla figura del nonno come fonte di promozione e di dialogo per tutti i componenti della famiglia.
Un’interessante ricerca (a cui fanno riferimento le presenti considerazioni e da cui sono attinti i dati in seguito presentati) è stata condotta dai proff. Mario Gecchele e Giovanni Danza e raccolta in un saggio dal titolo “Nonni e nipoti: un rapporto educativo” (Ed. Rezzara, Vicenza, 1993). Tale ricerca si propone appunto di offrire un contributo alla riscoperta e alla valorizzazione del potenziale educativo dei nonni, ricchi di risorse e in grado di offrire ai genitori e agli enti educativi (non sempre portatori di autentici valori pedagogici) un valido apporto per l’umanizzazione e lo sviluppo dell’identità personale nei giovani d’oggi.
Vediamo dunque quali sono gli aspetti salienti della figura del nonno oggi, cercando soprattutto di cogliere il nuovo, cioè le differenze rispetto al passato. Anzitutto un dato demografico fondamentale: un tempo i nipoti erano molti e i nonni erano pochi (le famiglie erano più numerose, ma si viveva meno a lungo), oggi spesso capita il contrario (il 42% dei nipoti alla nascita ha ancora tutti e quattro i nonni) e non è raro trovare un solo nipote per quattro nonni. La famiglia e i rapporti interpersonali inoltre sono profondamente mutati: basti pensare che in passato il divorzio non esisteva quasi, che il padre, per lavoro o per mentalità, era spesso assente ed era la donna ad occuparsi interamente della famiglia e dell’educazione dei figli; i vecchi nonni inoltre erano trattati con estrema riverenza e quasi sempre vivevano assieme ai figli e ai nipoti. Oggi invece il nonno abita per lo più da solo, si presenta come una persona indipendente (spesso lavora ancora), legato alla famiglia ma allo stesso tempo al di fuori di essa. I contatti con i nipoti tuttavia non mancano, sono meno duraturi, ma frequenti e molto significativi per entrambi.
La ricerca citata, dopo aver accuratamente analizzato i dati raccolti, traccia in base ad essi un’ipotetico profilo del “nonno ideale” che qui riportiamo integralmente: “Tale figura, uomo o donna, considerata la loro complementarietà nella relazione con i nipoti (pur riconoscendo alla nonna un impegno più intenso) ha un’età compresa tra i 65 ed i 74 anni, dimostra di aver intrapreso e accettato positivamente la propria vecchiaia, vive con il coniuge, vicino, ma non insieme a figli e a nipoti, risiede in una zone periferica; il suo livello di istruzione è medio. I nipoti sono fanciulli tra i sei ed i dieci anni di età; egli li incontra spesso, motivato sia da necessità contingenti (offrire aiuto ai figli) che dal desiderio di stabilire legami affettivi; pur amando e ricercando la compagnia dei propri nipoti, tale nonno non si assume responsabilità educative onerose, si limita a proporsi come sostegno utile per i genitori. Il nonno ideale è una persona disponibile a collaborare, ad offrire consigli alla generazione di mezzo sui problemi dell’educazione nel rispetto delle scelte operate dai genitori. Egli ricava soddisfazione dal rapporto con i nipoti al di là dell’efficacia della sua azione educativa; ritiene contemporaneamente un piacere ed un dovere il dedicare tempo ai bambini dei suoi figli; sa rapportarsi con loro dimostrando intraprendenza e dinamicità, privilegiando le modalità ludiche e la trasmissione del proprio vissuto e di quello della famiglia; egli percepisce, quale aspettativa principale dei nipoti, il bisogno di ricevere affetto e comprensione, ma è sensibile anche alla richiesta di doni, che gli appaiono utili come mezzi per rafforzare la relazione”.
Ovviamente si tratta di dati orientativi, riferiti ad un ambito territoriale limitato ed influenzati da variabili soggettive ed oggettive. Il rapporto nonno-nipoti, infatti, è molto complesso e variabile e vari sono gli aspetti che influiscono sul modo di vivere la nonnità da parte di ciascuno. Inoltre nonni non si nasce ma si diventa, in seguito alla nascita di un nipote, con la consapevole assunzione di un nuovo ruolo, a cui ci si prepara fin da bambini in base ai modelli che ognuno ha avuto a disposizione. La nonnità dunque non si improvvisa ma è frutto di un’educazione remota e continua, che riconosce la persona come valore primario e promuove l’apertura verso l’altro. Questa è una riflessione molto importante, soprattutto alla luce delle profonde implicazioni educative riconosciute al ruolo di nonno. Il rapporto nonni-nipoti, infatti, da un lato appare privo delle ambiguità e dei disagi propri delle relazioni tra adulti (o tra generazioni contigue), dall’altro è “un amore senza Edipo” cioè oggetto di un amore meno coinvolgente ed esclusivo da parte del nipote. I nonni rispetto ai genitori si presentano meno rigidamente ai nipoti, sono molto più tolleranti, disponibili al dialogo, talora complici; la nonnità si manifesta in un rapporto libero, fine a se stesso, privo delle preoccupazioni educative tipiche del rapporto genitori-figli. Tuttavia i nonni possono contribuire, in modo complementare e integrativo, alla formazione dei nipoti non avere responsabilità educative dirette non significa, infatti, non avere un ruolo importante ed efficace. I nonni invece – come emerge dalla ricerca – non sono affatto convinti della loro importanza dal punto di vista educativo e tendono a sminuire questo aspetto, a causa anche di una difficoltà a dialogare sull’educazione coi genitori.
Nella società odierna, disorientata, caratterizzata da una visione del mondo – diffusa dai mass-media – distorta, in cui dominano l’egoismo e la soddisfazione immediata dei bisogni a scapito dei doveri di solidarietà e di responsabilità, in cui sono scomparse le grandi certezze e i grandi progetti a favore di ideologie confuse e incoerenti, il contributo educativo del nonno, se ispirato ad autentici valori, può avere notevole rilevanza per lo sviluppo e la ricchezza della socializzazione del bambino. Se il nonno si deve presentare come portatore di propri valori, non li deve però imporre al nipote tentando di plasmarlo a propria immagine e somiglianza, ma deve accettarlo per quello che è rispettando la sua diversa identità. Questa è la condizione essenziale per instaurare un dialogo fecondamente conflittuale, basato sul rispetto di tutti i valori, anche di quelli estranei alla propria sensibilità. Di conseguenza il nonno deve sapersi mettere in posizione di ascolto, di osservazione nei confronti del nipote, piuttosto che limitarsi a conquistare il suo affetto con regali o gratificazioni materiali. Se vuole essere educatore e non semplicemente custode, se vuole trasformare la relazione in una occasione di crescita reciproca, di coeducazione, il nonno deve continuamente aggiornarsi sul significato dell’educazione e sui percorsi di formazione del bambino; deve leggere, mantenersi attivo, coltivare interessi e rapporti sociali, autoistruirsi (anche frequentando le Università della terza età), sfruttando le proprie potenzialità creative.
Insomma “deve sentirsi a proprio agio con gli anni e con la realtà che ci circonda” (M. Gecchele), senza inutili ripiegamenti nel passato.

di Luisa Fiorentino

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